Matteo Sacchi
Alla fine la lunga diatriba relativa all'archivio di Giorgio Vasari sembra essere giunta ad una conclusione. La raccolta di preziosi scritti del pittore umanista andrà davvero all'asta. l'incanto sarà il 9 marzo proprio ad Arezzo, in quel Museo di Casa Vasari a cui le carte sono vincolate e in cui sono conservate. È la conclusione della complessa vicenda dell'eredità che è stata pignorata ai proprietari, gli eredi del conte Festari, da Equitalia Cerit Spa, società di riscossione del fisco, per debiti della famiglia nei confronti dell'erario. La base d'asta sarà di 2,6 milioni di euro, una somma di molto inferiore ai 150 milioni di euro che una società russa si era impegnata a pagare per impossessarsi del prezioso archivio del genio rinascimentale (1511-1574), che comprende anche diverse lettere di Michelangelo Buonarroti. Un'offerta che aveva fatto temere che questo pezzo di storia italiana finisse all'estero. Era stato proprio l'accordo con Vasily Stepanov come rappresentante legale della società moscovita Ross engineering, comunicato al Comune di Arezzo dalla soprintendenza archivistica della Toscana nell'ottobre scorso, a scatenare le proteste della comunità aretina e di esponenti del mondo politico e culturale, con l'intervento del Mibac che aveva presentato segnalazioni alle procure di Roma e di Arezzo sulla cifra offerta dagli acquirenti russi definendola «anomala». Era arrivato però in piena diatriba un pignoramento da parte di Equitalia. Da qui, ora, la messa all'asta del bene, ad una cifra molto inferiore che riapre i giochi. Il sindaco di Arezzo, Giuseppe Fanfani, annunciando la data dell'asta, ha lanciato ieri un accorato appello al ministro dei Beni culturali Sandro Bondi chiedendo allo Stato di intervenire sfruttando la sua prelazione e facendo un'offerta.
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