Roma - Divorzio. Il rumore dello strappo definitivo ancora una volta si è mescolato al fruscio delle pagine di due quotidiani nazionali, Repubblica e La Stampa. Una notizia-bomba con quel «voglio tirare giù il sipario» che riassume la decisione più drastica, già presa da Veronica Lario. Non uno sfogo ma una scelta lucida e amara. Berlusconi, rattristato da tanta determinazione, è immediatamente partito per Arcore. Lasciata la residenza romana di via del Plebiscito assieme al fratello Paolo verso le 11.30 del mattino, è volato a Milano per affrontare vis-à-vis l’ennesima grana familiare, con l’intento di lavare i panni sporchi tra le mura domestiche. Massima discrezione e riservatezza: «È una vicenda personale che mi addolora, che rientra nella dimensione privata, e di cui mi pare doveroso non parlare», le uniche parole dettate ai cronisti. Chiuso a villa San Martino con alcuni ospiti, il premier ha quindi ragionato sul suo secondo matrimonio, giunto ormai al capolinea.
Il profondo malessere di Veronica era noto e aveva già scavalcato l’alto muro di cinta della settecentesca villa Visconti di Macherio. Solitamente schiva, ultimamente la Lario aveva rotto il suo tradizionale riserbo per manifestare tutta la sua insoddisfazione a mezzo stampa. Sempre su Repubblica. All’inizio del 2007, quando invece di sbattere i pugni sul tavolo della sala da pranzo lo aveva fatto su quello del quotidiano di largo Fochetti, con una lettera in cui chiedeva al marito pubbliche scuse per le frasi galanti rivolte ad alcune signore presenti alla cerimonia dei Telegatti. Poi, la scorsa settimana, tramite l’Ansa aveva puntato il dito contro le candidate alle Europee definite «ciarpame senza pudore». E infine ieri, in un lungo colloquio sempre con Repubblica (e qualche battuta a La Stampa), con l’annuncio del divorzio imminente. Una linea di condotta che Berlusconi non ha gradito perché, ha ripetuto ai suoi collaboratori, sarebbe stato «più giusto» risolvere la vicenda tra le mura di casa.
Invece, fanno notare nell’entourage del Cavaliere, Veronica s’è prestata a rendere una vicenda personale e familiare motivo di battaglia politica. Con Repubblica al centro della scena, visto che anche la vicenda della festa della diciottenne Noemi è stata rilanciata solo dal quotidiano romano. E quella è stata la scintilla che ha portato Veronica Lario a parlare di «ciarpame» per poi arrivare ieri al redde rationem. Una cosa «incredibile», ha ripetuto in questi giorni il premier. L’ha detto ai cronisti a Varsavia, l’ha spiegato ad amici e collaboratori. «Una festa - fa notare uno di loro - a cui il presidente ha partecipato alla luce del sole. Tanto che è arrivato con otto macchine di scorta e al compleanno erano presenti pure i fotografi».
Eppure la festa nel Napoletano diventa la classica goccia che fa traboccare il vaso. «Basta, non posso più andare a braccetto con questo spettacolo», si sarebbe sfogata Veronica con un’amica prima di alzare il telefono e contattare un avvocato per «andare fino in fondo». L’inizio della fine di un matrimonio durato 29 anni. Sarebbero vani i tentativi di ricucire, superflue le toppe a un buco allargato a dismisura. Divorzio. Che - dice chi lo conosce bene - il Cavaliere sarebbe intenzionato a concedere al più presto, rattristato non solo dalle parole della moglie ma anche da come la vicenda sia stata strumentalizzata da alcuni giornali.
E mentre il presidente del Consiglio è alle prese con il cruccio tutto familiare di un matrimonio che fa naufragio, nel Palazzo si consumano altri divorzi: quelli tra la umana sensibilità e gli onorevoli Enzo Carra, Giorgio Merlo e Rosy Bindi (Pd). I primi due protestano per la scarsa enfasi data alla notizia dai tg Rai; la terza si spinge a lamentare «l’immunità morale del premier» accusando gli italiani che non si indignano di «connivenza morale» con il premier.
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