Lascia la scuola e non trova lavoro: si spara a 17 anni

Si muore anche di lavoro negato, di lavoro che non si trova. Aveva solo diciassette anni, il ragazzo che si è ucciso a Limbiate con un colpo di pistola alla tempia. Voleva guadagnarsi da vivere da solo ma non ci riusciva.
Venerdì sera è in casa solo, i genitori sono usciti a cena. Entra in bagno, chiude la porta a chiave. E’ sconvolto, scrive due parole su un bigliettino: «Scusate. Perdonatemi». Quindi porta la canna dell’arma alla tempia e preme il grilletto. Mancano pochi minuti all’una quando arrivano mamma e papà: fanno in fretta a capire che qualcosa non va. Quell’uscio del bagno chiuso, lo stereo che spara musica a tutto volume. La famiglia vive al terzo piano di una modesta ma dignitosa palazzina. Un anno fa il ragazzo ha abbandonato la scuola professionale: cercava disperatamente un posto. Non voleva pesare sulla famiglia. Non ha trovato niente. Eppure domande d’assunzione ne ha fatte un molte. Niente. Allora per farla finita si è procurato quella pistola, che ai carabinieri non risulta regolarmente denunciata. Un mistero chi possa avergliela data.

Un’arma che stando ai carabinieri del tenente Mauro Maronese ha sparato un proiettile anomalo, modificato, di un calibro diverso da quello della pistola. Non c’è molto altro su cui indagare, se non capire se esista un’altra ipotesi: una delusione sentimentale. Una ragazzina che lo ha lasciato.

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