Tutti a raccontare delle autoreggenti di una e dei tacchi a spillo dellaltra, a ironizzare sul titolo di miss gambe che Maria Vittoria vinse da ragazza e sulla misura delle gonne di Daniela, a discutere delle presenze della rossa a Ballarò e su quelle della «nera», nel senso storaciano della parola, al Billionaire. Che poi è quasi un anagramma di Ballarò.
E invece. Comunque la si pensi sulla strategia recente di Silvio Berlusconi, qualsiasi giudizio si abbia sullortopedia applicata alla politica e sulle spallate, qualunque sia il parere sullidea di andare alle urne con la stessa legge elettorale e in ogni modo si giudichi loperazione del lancio del nuovo partito, ci sono dei fatti incontrovertibili, oggettivi. Uno è questo: mentre i professionisti della dichiarazione politica, gli stakanovisti delle agenzie di stampa e i maestri della comparsata al pastone quotidiano dei tg parlano ed esternano, MVB e Danielina agiscono. In mezzo a personaggi dalle «palle di velluto» (copyright Santanchè) o dalle «palle di cachemire» (copyright di Francesco Storace relativo a un importante personaggio di An, noto per la sua eleganza), queste due hanno le palle e basta. So che non è il massimo della finezza, ma rende bene lidea. E, in questo caso, il copyright è mio.
È il fattore D. Che non è riconducibile certo allirritazione di Gianfranco Fini nei confronti di Striscia la notizia per lironia nei confronti della sua nuova compagna Elisabetta Tulliani. Quelli sono tutti affari suoi, anche se i pacchi stavolta non centrano: la cattiveria programmatica di Striscia difficilmente si può inquadrare nei retroscena della politica. Vedere la bella avvocatessa bionda come causa del crollo della Casa delle libertà è, come dire, quantomeno romanzesco.
Il fattore D, quello vero, è unaltra storia. Nel senso di donna, certo. In qualche modo anche nel senso di destra, cioè di opposto di sinistra e delle sue idee. Ma anche nel senso di decisionismo. Il fattore D di Maria Vittoria e di Daniela è quello di due caterpillar dellazione che non si fermano davanti a maldicenze, pettegolezzi e cautele di chi vive da sempre di politica.
La Brambilla, ad esempio, ha sempre avuto contro gran parte dei colonnelli azzurri che magari ne tessevano le lodi in pubblico, alla presenza di Berlusconi, e ne dicevano peste e corna in privato. O, in alcuni casi, i più onesti, ne dicevano peste e corna anche in pubblico. Lei ha sempre fatto spallucce, è andata avanti come un caterpillar facendosi forte degli attacchi, un po come quegli omini che nei videogame aumentano la carica di energia quando si scontrano con il nemico. Guardare per credere il sito internet dei circoli delle libertà, dove cè spazio anche per gli attacchi e, addirittura, autoreggenti e imitazioni ironiche diventano punti di forza della rossa, che se le rivende volentierissimo. Insomma, partendo da premesse di questo genere è quasi naturale che MVB oggi gongoli con addirittura più calore di quello riservato alla vittoria (non solo sua) alle comunali di Courmayeur: «Io e i miei circoli siamo stati lavanguardia del partito del popolo della libertà».
Il fattore D è anche, ovviamente, il fattore Daniela. Se Maria Vittoria è abituata da mesi agli attacchi, la Santanchè ha fatto il pieno soprattutto in questi ultimi giorni. Ma non pare curarsene più di tanto. Lintervista di Stefano Filippi qui a fianco lo testimonia benissimo, la metafora degli «sfigati nelle riunioni condominiali» è una delle più tenere coniate in questi giorni. Del resto, da An negli ultimi giorni sulla Santanchè è stato detto, fra laltro: «È la Lara Croft di Storace» (Il Secolo dItalia); «Mi sembra di vedere Ambra con Gianni Boncompagni» (Antonio Mazzocchi); «Uningrata eletta solo perché Viviana Beccalossi e Gianfranco Fini le hanno fatto spazio» (Maria Ida Germontani); «Procacciatrice di attricette al costoso bisturi del primo marito chirurgo plastico» (Alfredo Mantica). È miracolosamente risuscitato anche il cognome da ragazza Garnero, usato contro Daniela come un corpo contudente, un po come facevano i nemici di Leoluca Orlando con «Leoluca Orlando Cascio».
Quando il gioco si fa duro, le dure iniziano a giocare. D come donne, D come dure.