Lavoratori «a tempo» tra tutele e contributi

Dentro e attorno a una riforma del mercato del lavoro che si attende definita entro l’estate, prendono corpo le novità connesse all’impiego temporaneo. La somministrazione è tornata in primo piano con l’approvazione da parte del consiglio dei ministri di un provvedimento che, ribadendo la parità di trattamento tra lavoratori in affitto alle imprese e dipendenti tradizionali del medesimo livello, elimina l’obbligo per le agenzie per il lavoro (Apl) di indicare la causa specifica del contratto qualora la chiamata riguardi interinali appartenenti a categorie svantaggiate. Non più, dunque, solo gli iscritti alle liste di mobilità, come già avviene dal 2010 in virtù di una norma contenuta nella legge finanziaria, ma anche lavoratori over 50, con scolarità ferma alla terza media, assegnatari di ammortizzatori sociali, anche in deroga, disoccupati senza lavoro da due anni o privi di una regolare retribuzione da più di un semestre, e altri soggetti deboli, da chi vive solo trovandosi con una o più persone a carico, ai membri di minoranze nazionali. Una semplificazione stabilita dal decreto legislativo n.24 del 2 marzo scorso, con cui si recepisce la direttiva comunitaria 2008/104/Ce e che entrerà in vigore il prossimo 6 aprile.
Stando ai dati di Assolavoro, l’associazione che riunisce il 90% delle Apl, la somministrazione svincolata dall’obbligo della causa ha già permesso di ricollocare, nei due anni passati, oltre 73mila lavoratori in mobilità (quasi un terzo dei quali sopra i 44 anni), con l’effetto indotto di un risparmio per lo Stato nell’ordine dei 200 milioni di euro, altrimenti destinati ad ammortizzatori sociali e sgravi fiscali. Peraltro, come ha dimostrato l’esperienza tedesca degli anni ’90, la somministrazione svolge una funzione anticiclica e appare inoltre uno strumento in linea con gli obiettivi di integrazione dei lavoratori immigrati. Il principale atout delle Apl consiste negli oltre 5 milioni di curricola a loro disposizione e alla possibilità di attivare percorsi mirati di formazione, funzionali a intercettare di volta in volta le richieste del mercato del lavoro. Con l’obbligo che almeno la metà di chi vi prende parte trovi in seguito un’effettiva ricollocazione.
Un modello primario di flessibilità tutelata che i rappresentanti delle Apl puntano a rendere il contratto prevalente tra le forme di lavoro temporaneo previste dalla normativa, così come l’apprendistato si prepara a diventare il canale privilegiato di avviamento all’impiego dei più giovani. Un’istanza che si fa forte anche della considerazione che per i lavoratori «somministrati» si registrano le percentuali più alte di stabilizzazione. Quanto alla riforma del mercato del lavoro, che aumenta i costi dei contratti a tempo determinato, essa prevede pure per gli occupati in affitto l’incremento dell’1,4% dei contributi, con il quale finanziare la nuova assicurazione sociale per l’impiego (Aspi). Da Assolavoro giunge però la richiesta di una deroga per l’impiego a chiamata: il rischio da scongiurare è che l’aggravio venga recuperato dalle Apl sottraendolo alla quota del 4% sulle retribuzioni complessive che esse già versano a Forma.Temp, il fondo per la formazione dei lavoratori in somministrazione: l’organismo lo scorso anno ha finanziato quasi 30mila progetti formativi per un totale di circa 2 milioni di ore, a vantaggio di 185.600 partecipanti. Il dettato della riforma al vaglio del Parlamento prevede inoltre l’obbligo di una comunicazione amministrativa per ogni chiamata di lavoro. Oggi gli occupati in somministrazione sono circa l’1,2% del totale, contro una media europea del 2%; più precisamente, nel 2011 hanno raggiunto le 514.545 unità, per 1.192 milioni di missioni, valori entrambi in crescita del 10% sul 2010.

La domanda di lavoratori in affitto è trainata dalle imprese medio-grandi e soprattutto dell’industria manifatturiera, che ne assorbe il 52%, cui seguono i settori del credito, servizi alla persona e informatica, del commercio e dei servizi pubblici.

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