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Lavoro, blitz di Rifondazione sulla legge Biagi

Lavoro, blitz di Rifondazione sulla legge Biagi

Roma - Rifondazione comunista si prepara a bocciare anche in Consiglio dei ministri il Protocollo sul Welfare. Dopo avere incassato una vittoria, ottenendo la disponibilità a introdurre modifiche in Parlamento, il partito di Franco Giordano ha alzato la posta chiedendo che sia direttamente il consiglio dei ministri del 12 ottobre a farsi carico delle prime modifiche all’intesa sulla quale lo stesso esecutivo nel luglio scorso aveva trovato un accordo con sindacati e associazioni datoriali.
L’annuncio è arrivato dal responsabile economia e lavoro del Prc Maurizio Zipponi. Poi è stato confermato dal segretario Giordano, che è andato a trattare direttamente a Palazzo Chigi con il premier Romano Prodi e con i ministri competenti (quello dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa e del Lavoro Cesare Damiano).
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta ha assicurato che al consiglio di venerdì prossimo passerà «il testo preciso dell’accordo».
Ma la sinistra radicale può già contare su modifiche importanti, che dovrebbero passare in Parlamento. Ormai certo l’ulteriore giro di vite sulla legge Biagi, con la cancellazione dello staff leasing, e forti limiti anche sui contratti a termine. Ora gli sforzi del Prc si stanno concentrando sulle pensioni. La parte del Protocollo che Rifondazione vorrebbe modificare è quella che esclude i lavori usuranti dall’innalzamento graduale dell’età pensionabile che inizierà il prossimo anno. Il limite di 5.000 lavoratori all’anno non è sufficiente e il Prc punta ad abolire il tetto. La controproposta che ieri il governo ha fatto alla sinistra radicale consiste in un innalzamento del tetto a 7.500, cifra che, secondo i calcoli dell’esecutivo, dovrebbe essere sufficiente a non escludere nessuno dalla deroga allo scalino.
Il governo sta quindi mostrando di non essere insensibile alle richieste dall’ala sinistra della maggioranza e comincia a fare importanti concessioni ancora prima che la sessione di bilancio entri nel vivo.
A convincere l’esecutivo, più che i numeri risicati della maggioranza (il provvedimento partirà dalla Camera dove il centrosinistra non rischia) sono le pressioni che vengono dalle assemblee nei posti di lavoro. E il timore di qualche sorpresa dal referendum tra lavoratori e pensionati che si terrà tra l’8 e il 10 ottobre. «Il no è in forte crescita», ha assicurato Giorgio Cremaschi, esponente della sinistra Cgil e leader dell’ala sindacale che vorrebbe bocciare l’intesa.
Un sondaggio on line pubblicato ieri dal sito del quotidiano Repubblica dava il no intorno al 38 per cento. «Un dato significativo se si pensa che viene da un giornale di sinistra», ha aggiunto Cremaschi.
Dati che non tornano alla Cisl. Il sindacato di Raffaele Bonanni è sicuro di una netta vittoria del sì. Anche tra i metalmeccanici, assicura una fonte sindacale, il sì arriverà all’80 per cento. Bonanni ieri ha tenuto un’assemblea alla Mondadori printing, la principale azienda poligrafica italiana, incassando consensi alla linea tenuta da Cgil, Cisl e Uil e nessuna contestazione. Atmosfera lontana, dalle assemblee di Mirafiori o degli stabilimenti Fiat di Melfi. Il malcontento registrato tra le tute blu sta facendo crescere nella sinistra radicale la convinzione che tra i lavoratori dipendenti la percentuale di no all’accordo sarà comunque consistente.

«Se il protocollo dovesse essere salvato dal voto dei pensionati - avverte Cremaschi - allora questo equivarrebbe a un segno di sfiducia del quale non si potrà non tenere conto».

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