Lavoro flessibile per i malati

«Il 91% dei malati neoplastici vuole continuare a lavorare ed essere parte attiva della società – spiega il professor Francesco De Lorenzo, presidente dell'European Cancer Patients coalition e dell'Aimac. I dati dell'indagine Censis-Favo (Federazione delle 500 Associazioni di volontariato in oncologia) evidenziano che le forme di gestione flessibile per conciliare lavoro e cure oncologiche sono ancora poco note e non influiscono in modo significativo sulla vita dei molti pazienti coinvolti.Il 78% dei malati oncologici infatti ha subito un cambiamento nel lavoro in seguito alla diagnosi: il 36,8% ha dovuto fare assenze, il 20,5% è stato costretto a lasciare l'impiego e il 10,2% si è dimesso o ha cessato l'attività (in caso di lavoratore autonomo). Pochi conoscono e utilizzano - evidenzia l'indagine - le tutele previste dalle leggi per facilitare il mantenimento e il reinserimento: solo il 7,8% ha chiesto il passaggio al part-time, un diritto di cui è possibile avvalersi con la Legge Biagi, poco meno del 12% ha beneficiato di permessi retribuiti (previsti dalla Legge 104 del 1992), solo il 7,5% ha utilizzato i giorni di assenza per terapia salvavita e il 2,1% i congedi lavorativi. Difficile soddisfare le esigenze produttive rispettando quelle legate alla cura.
Questa situazione interessa anche i familiari o amici che assistono i malati in modo continuativo. Per colmare questo vuoto, nasce «Pro Job: lavorare durante e dopo il cancro», un progetto Aimac, in collaborazione con l'università degli Studi di Milano, la Fondazione Insieme contro il Cancro e l'Istituto nazionale tumori del capoluogo lombardo. Il progetto, presentato all'università degli Studi di Milano durante il convegno «Lavorare durante e dopo il cancro», apre gli eventi legati alla IX Giornata nazionale del malato oncologico (l'edizione di quest'anno si conclude oggi all'Auditorium della Conciliazione di Roma).
Nel 2013 in Italia si sono registrate 366mila nuove diagnosi di tumore. E sono circa 700mila le persone con diagnosi di cancro in età produttiva. Pro Job – sottolinea Elisabetta Iannelli, segretario della Fondazione «Insieme contro il Cancro» - mira a promuovere l'inclusione dei pazienti oncologici nel mondo delle imprese, a sensibilizzare i dirigenti perché creino per i malati condizioni ottimali nell'ambiente di lavoro, ad agevolare i dipendenti che hanno parenti colpiti da tumore a conservare l'impiego grazie alle tutele giuridiche vigenti e a disincentivare il ricorso inadeguato a procedure per fronteggiare le difficoltà determinate dalla patologia. L'obiettivo finale del progetto è quello di rendere l'azienda consapevole dei bisogni emergenti dell'organizzazione e dell'individuo per rispondervi in modo adeguato, tempestivo e in autonomia recuperando, altresì, professionalità preziose che altrimenti rischiano di andare perse con conseguente danno per la produttività dell'impresa.

«L'azienda in grado di sviluppare il progetto Pro Job – precisa il professor Michele Tiraboschi,professore di diritto del lavoro all'università di Modena e Reggio Emilia e coordinatore del comitato scientifico di Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro - potrà valorizzare il proprio capitale umano permettendo ai dipendenti malati di cancro di recuperare parte del proprio benessere attraverso il reinserimento occupazionale e di ritrovare velocemente motivazione, impegno e capacità produttiva ed ai lavoratori familiari di un paziente di continuare il proprio lavoro, senza rinunciare all'assistenza del malato, avvalendosi del part time». Il lavoro aiuta a guarire e a seguire meglio i trattamenti, servono nuovi strumenti.

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