Lavoro dopo la laurea breve: vola la sanità, crolla ingegneria

Indagine fra 3.500 giovani: il 60 per cento si ferma al triennio

I dati smentiscono le previsioni più pessimistiche. «Le lauree triennali stanno dando risultati positivi per durata degli studi, soddisfazione dei ragazzi e, scopriamo ora, livello di occupati», spiega Marcello Fontanesi, rettore della Bicocca e presidente del Cilea, il consorzio che riunisce i maggiori atenei lombardi. Il giudizio si basa sull’indagine, opera dello stesso Cilea, su 3481 laureati triennali (frutto della riforma del 3+2) e del vecchio ordinamento usciti da otto atenei tra il 2003 e il 2004. È ai primi, i «triennalisti», che si guardava con maggiore curiosità. Dalle risposte ai questionari compilati dai giovani lombardi e pisani (una quota del campione apparteneva all’università e all’Istituto Sant’Anna delle città toscana) si voleva capire sbocchi e condizione di chi si è fermato al terzo anno di università. E i segnali sono incoraggianti: a 18 mesi dalla laurea, l’88 per cento di chi cercava lavoro l’ha trovato. Ma non tutte le discipline sono uguali.
La ricerca ha diviso i laureati in sei aree disciplinari. I risultati migliori riguardano quella sanitaria (da Scienze infermieristiche a Fisioterapia), dove la percentuale di occupati è del 97 per cento. «Si tratta di corsi a numero chiuso, non ci sono laureati in eccesso», ricorda Fontanesi. Non è solo una questione di impiego. I laureati dell’area sanitaria sono più soddisfatti degli altri per tipo di lavoro e stipendio. «È un settore che va alla grande con la riforma - precisa Giovanna Nicolini, docente della Statale, presentando i dati -. Le altre lauree? Il 3+2 non ha cambiato la situazione dell’area umanistica: debole era e debole è rimasta. Quella politico-sociale è la più variabile. Le cose vanno male, invece, per Ingegneria e per l’area scientifica».
Nello studio non sono stati coinvolti studenti del Politecnico («erano pochi i triennalisti nel periodo considerato»). Resta però il dato che premia il vecchio ordinamento (92 intervistati su 100 hanno trovato lavoro) e boccia gli ingegneri triennalisti (ha un impiego «solo» il 75 per cento). Va peggio all’area scientifica (69 per cento occupati), «che raggruppa però facoltà molto diverse tra loro», precisano i docenti. «Biologia e informatica pesano, in negativo, sul risultato finale - aggiunge il rettore -. Per compiere lavori strettamente legati alla materia scientifica, tre anni di studi universitari sono comunque pochi. E questo può spiegare anche la scarsa soddisfazione degli intervistati: un laureato triennale in Fisica potrebbe trovarsi a fare un lavoro da diplomato. Chi esce da un triennio di Economia o Statistica ha maggiori possibilità di adattarsi. Il problema, ora, sarà capire il giudizio delle aziende», conclude Fontanesi.


«È comunque positivo che il 60 per cento dei ragazzi, dopo la laurea triennale, cerchi lavoro - conclude Nello Scarabottolo, docente di Informatica alla Statale e vicepresidente del Cilea -. Le nuove lauree, che nascono per essere più professionalizzanti, funzionano».
giovanni.buzzatti@ilgiornale.it

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