Massimo Malpica
Prima le lunghe, forzate «vacanze di Natale». Poi, visto che Pasqua savvicina, ecco una nuova sorpresa per i nove «cantieristi»: tutti a casa e stavolta sospesi a tempo indeterminato, senza alcuna certezza per il futuro.
La «casa di vetro» di Piero Marrazzo avrebbe bisogno di una lucidatina ai diritti, troppo spesso - come per la storia di questi nove ragazzi precari - disinvoltamente violati. Della loro disavventura, il Giornale aveva già parlato allinizio di dicembre dellanno scorso. Quando i ragazzi, vincitori a marzo 2005 di un bando dei «Cantieri Scuola-Lavoro» varati sotto la giunta Storace e assegnati all«Agenzia Lazio lavoro» (ente strutturale della Regione) erano stati sospesi dal servizio dopo un lungo periodo di inattività forzata. Mesi e mesi passati chiusi in una stanza a fare fotocopie e circondati dallostilità palese di gran parte dei «colleghi». Poi, ecco la spiacevole «vacanza non retribuita», dal 12 dicembre al 16 gennaio, in attesa di risolvere non meglio precisate «criticità interne», come spiegava la determina dirigenziale e aspettando che allEnte arrivasse un parere sulla legittimità del «cantiere», messa in dubbio da un esposto presentato dai delegati della Cgil interni allagenzia.
Una favola di Natale al contrario: secondo la legge regionale, tre quinti dei ragazzi (quindi sei di loro) avrebbero avuto diritto allassunzione al termine dei due anni di «formazione». E invece, dopo mesi di «mobbing» più o meno esplicito (che loro per esclusione ritengono causato dalla «sfortuna» di aver vinto il bando prima del passaggio di consegne tra Storace e Marrazzo), i nove si trovarono sotto lalbero la determina di sospensione. Il tutto nonostante i numerosi (e vani) tentativi di interessare del loro destino i vertici dellEnte. Lassessore al Lavoro, Alessandra Tibaldi, che è di Rifondazione comunista, si è vista con i nove, ma non ha risolto nulla, alla faccia dello slogan elettorale del partito di Bertinotti: «Lavoro. Quello vero». Peggio è andata con il presidente della Regione, Marrazzo. Che giusto per dar lustro alla sua vecchia patente di «difensore civico», in tutti questi mesi si è rifiutato di riceverli e a nulla sono servite le tante sollecitazioni al suo capo segreteria, Adelfo Luciani. Ma fin qui è storia vecchia. A metà gennaio, i ragazzi vengono richiamati in servizio, carichi di speranza. Mal riposta: anche i due di loro che prima della sospensione svolgevano una mansioni dignitosa, dopo il reintegro si ritrovano senza scrivania e senza niente da fare. «Siamo finiti tutti in una stanza - racconta una ragazza - senza nemmeno sedie a sufficienza, ritrovandoci a fare qualche fotocopia quando andava bene, e niente di niente quando andava male». Eppure il parere che era stato acquisito non era così terribile, anzi.
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