Un retropassaggio suicida di Cribari e una presa incerta, alla Dida, di Ballotta. Tanto è bastato alla Lazio per farsi infilare da Pazzini e perdere contro una Fiorentina tutta pressing e buona volontà con la ciliegina dellespulsione di Mutarelli al novantesimo. Una partita che doveva far morale in vista del Werder Brema in Champions ma che trasforma il prosieguo della stagione in una guerra di nervi dopo la quarta sconfitta consecutiva tra campionato e Champions League. Davvero una brutta gatta da pelare per un Delio Rossi che continua ad avere la bocca cucita.
Una partita giocata davanti a spalti semideserti e in cui si segnalano soprattutto i cori. Quelli nuovi contro Adrian Mutu, colpevole di essere «romeno» (a rischio sanzione) e quelli classici, invece, contro il presidente Claudio Lotito.
La papera di Ballotta è lepisodio che dà una mano importante a Cesare Prandelli, che dellaiuto della fortuna aveva bisogno come tutti gli audaci: perché senza Mutu e Vieri la squadra doveva trovare fiducia, e il gol gliene dà a piene mani. Da lì in poi infatti il controllo viola della partita è autorevole, anche di fronte alla vivace reazione laziale. Nella ripresa la partita si fa più nervosa e anche sfilacciata, con squadre più lunghe e capovolgimenti di fronte. Ma la Fiorentina controlla senza problemi e porta a casa il bottino pieno.
Recriminano i tifosi laziali che per lunghi tratti del primo tempo ingaggiano una battaglia a colpi di insulti con il presidente Lotito, assente dalla tribuna per motivi di salute. E in campo i giocatori, davanti ad una Fiorentina non irresistibile, sentono il momento: Rossi prova a coprire la squadra con quattro mediani, ma non cè idea, non cè brillantezza. La crisi è evidente, mancano Mauri, Del Nero, Pandev e Berhami più Siviglia, e questa Lazio contestata per il modesto mercato non può farne a meno.
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