Leader incapaci di sopportare qualche fischio

Il corteo dei commercianti e dei cittadini di Milano in corso Buenos Aires contro le violenze dell'11 marzo ad opera di violenti mobilitati da alcuni centri sociali, aveva il senso di una protesta, ma era anche un atto di riparazione e per questo erano stati invitati politici di schieramenti diversi. Prodi e Fassino si sono sfilati all'ultimo momento per paura di qualche fischio. Così si comportano politici allevati in batteria, nelle burocrazie di partito ove si ricevono solo applausi segni di servo encomio.
Quel corteo era sacrosanto, come lo erano le ragioni che lo hanno ispirato. La prima è nel fatto che i commercianti, i quali aprono le vetrine sulla strada, sono i più esposti alla violenza, dalla quale vanno protetti. E hanno imparato che esistono gruppi di teppisti politici i quali hanno come fine quello di turbare la vita delle città: perché questo è il segno della loro esistenza, e di un potere sul territorio da affermare ogni tanto e con ogni mezzo. In verità, le strade ove i cittadini hanno il diritto di muoversi in libertà sono anche il teatro di cortei sindacali e politici, manifestazioni di democrazia, per carità, ma che per la loro frequenza rappresentano una incognita che pesa su altre libere attività, La cronaca politica si è soffermata sulla assenza di Prodi e Fassino, i quali hanno avvertito un'aria poco propizia. Ma questa, se c'era, non veniva da ostilità preconcette. Una parte dei presenti al corteo poteva forse vivere la presenza della sinistra come il prolungamento del rito ipocrita delle condanne dopo la violenza, che costano poco da parte di chi i teppisti all'opera in molti casi protegge e foraggia, ospitando e mantenendo in vita quegli autentici covi di violenza che sono molti dei centri sociali esistenti nelle nostre città. Come minimo, gli autori delle aggressioni compiute ai danni di locali, siano pure gli odiati Mac Donald’s, sono i figli spirituali di una certa sinistra che ha predicato e predica l'abbattimento dell'ordine sociale in vista di non si sa quale rivoluzione. Ora, se per queste ragioni ci fosse scappato qualche fischio, non sarebbe stata la fine del mondo.
Si dice che la condanna del teppismo è stato unanime, e non è vero. Non è solo Caruso candidato di Bertinotti a solidarizzare con gli arrestati rimasti in carcere, autori di reati grossi come case. Ci sono stati personaggi come Dario Fo e Franca Rame, che a Milano rappresentano il fiore di quella intellighentia che si erge a difesa delle pubbliche virtù i quali hanno dato la colpa degli scontri alla polizia, come ha fatto Fo, giacché gli angioletti erano lì «solo per far sentire la loro voce», mentre la signora Rame, candidata dell'Italia dei Valori, ha dissentito dalla condanna del leader del partito Di Pietro, e il massimo che ha saputo dire su quanto avvenuto è che sì, forse «l'operazione non è venuta in un momento giusto».

Non frequentando gli stessi salotti nei quali si riunisce il meglio della nostra intellighentia non sapremo mai quale sarebbe, per la signora Fo, il momento giusto per una «operazione» come quella che ha messo a sacco Milano una settimana fa. La curiosità, però, resta.
a.gismondi@tin.it

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