Il Lecce e i soliti ultrà rovinano alla Lazio la festa di compleanno

Incredibile ma vero, il buono della giornata è il Gianburrasca Antonio Cassano che, nei due spezzoni di partita giocati finora col Milan, ha messo lo zampino al momento giusto. A Cagliari aveva mandato in gol Strasser con un assist geniale, ieri con un’altra invenzione ha permesso a Pato di mettere a segno il gol del 3-3 ed è presente anche nel rocambolesco 4-4 di Ibrahimovic col quale i rossoneri hanno agguantato in extremis l’Udinese in una gara che li ha visti quattro volte in svantaggio e sempre costretti a rincorrere. Che la cura voluta da Galliani e l’aria di Milanello abbiano già fatto effetto sul genietto di Bari vecchia?
Il brutto della giornata sono i soliti arbitri che, anche questa volta, hanno lasciato a desiderare. A San Siro il romano neo internazionale Paolo Valeri non ha visto il fuorigioco di Pato sul 3-3, mentre ha ben valutato la posizione di Di Natale sull’1-0 per i friulani. Fa bene a lamentarsi il presidente palermitano Zamparini perché a Verona Peruzzo ha negato un evidente penalty a Pastore cinturato da Rigoni, mentre il fischietto fiorentino Pierpaoli non se l’è sentita di annullare il gol del laziale Mauri (fortunatamente ininfluente sul risultato finale) in offside. Il culmine a Parma, con Candussio che ha negato due rigori a Matri (sempre trattenuto da Lucarelli) e uno a Palladino spintonato da Canini. A risollevare l’onore della classe arbitrale ci pensano però il fiorentino Rocchi in Sampdoria-Roma (perfetto il rigore, l’espulsione di Julio Sergio e i cartellini rossi nel finale ai difensori doriani Lucchini e Gastaldello) e il pugliese Damato che valuta bene la posizione dell’interista Cambiasso, mai in fuorigioco, in occasione della doppietta al Catania.


Cattiva invece, ma anche con una buona dose di sfortuna, la prestazione del portiere laziale Fernando «Saponetta» Muslera che, per festeggiare i 111 anni di esistenza del club biancoceleste, la Polisportiva più grande d’Europa, non ha trovato di meglio che farsi un autogol, su tiro del leccese Jeda con il pallone finito sul palo e poi rimbalzatogli sul braccio con un autentico colpo di carambola. Data la circostanza, sarebbe stato preferibile esibire la «cappellata» in un’altra occasione, magari in trasferta e non davanti al pubblico amico.

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