Tre anni di prigionia. In realtà sarebbero quasi 11, visto che i primi problemi risalgono al lontano 2006. Ma da quando sono aumentati gli sbarchi la situazione è precipitata: trentasei mesi di angherie, violenze, risse, sangue, alcol, spaccio, droga e prostituzione (guarda il video).
E non parliamo mica di Scampia o della periferia di Chicago. Ma di Lecce, splendida città salentina che a guardarla da piazza Sant'Oronzo sembra una bomboniera meravigliosamente riuscita. Poi però ti sposti di appena 750 metri verso le mura antiche e trovi tutt'altro: un'intera strada finita in mano agli immigrati.
Inutili le proteste dei cittadini, le lettere e le istanze al prefetto. Non è bastato, al momento, nemmeno formare un comitato. "Ormai siamo in una prigione, non ci sentiamo più a casa nostra", racconta al Giornale.it uno dei membri del "Comitato per la salvaguardia e il decoro di via Duca degli Abruzzi". Lo chiameremo Paolo. Chiede l'anonimato perché "io ci vivo e può essere pericoloso". In questi anni di "prigionia" ha visto tanti immigrati darsi il cambio sui marciapiedi, ma il dramma è rimasto invariato. "Tutto nasce dal mancato controllo del Governo nei confronti di questi extracomunitari che si radunano attorno ai negozi etnici per ubriacarsi. Lì possono acquistare birra e cartoni di vino a basso prezzo fino a notte fonda. Rendendo il quartiere invivibile". Non bastasse, per finanziare le bevute gli immigrati sono entrati nel circolo dello spaccio cittadino. "Forniscono ai drogati le bustine di cocaina ed eroina, sono l'ultima ruota del carro di una filiera che sta crescendo grazie alla nascitura movida leccese".
E così i residenti sono rincorsi dalla paura di finire al centro di uno dei tanti casi di violenza che esplodono (quasi) quotidianamente. Le cronache locali fanno accapponare la pelle: furti, rapine, risse, estorsione a chi parcheggia, arresti per spaccio, marocchini presi a cinghiate e trovati con la testa rotta, un uomo sfregiato con una punta del trapano, orecchie tagliate, colpi di coltello, martelli, pistole e violenze. "Un habitat perfetto per chi vuole delinquere - aggiunge Paolo - E l'alcol fa da elemento detonante dei conflitti etnici". Il caso più recente risale a fine novembre: un uomo è stato trovato a terra sanguinante dopo una colluttazione. Una signora anziana ha visto tutto e da due mesi non riesce più ad uscire di casa da sola. Il timore è troppo. "La colpa del mancato inserimento sociale è dovuto soprattutto alle cooperative che gestiscono questi profughi - attacca Cristian Benvenuto, responsabile immigrazione Fratelli d'Italia - Una volta fuori dal progetto di accoglienza, vanno alla deriva e vagano per la città senza meta. In alcune aree urbane vi è quasi un divieto morale di transito, e ormai è più sicuro allungare la strada che passare per la via più breve".
"A tutto questo si aggiunge pure la mensa della Caritas", spiega Paolo. "Gli spacciatori vendono la droga e poi vanno a mangiare gratis, ma il parroco non riconosce il problema e difende la sua attività". Gli stranieri delinquono eppure nessuno li ferma. "Si sentono impuniti e chi viene arrestato esce il giorno dopo. Noi del Comitato abbiamo fatto diversi esposti personali, quattro raccolte firme e chiesto l'applicazione dell'articolo 100 del Tulps per far chiudere i negozi etnici. Ma non c'è stato nulla da fare. Pure i vigili sono stati aggrediti a suon di morsi". E così alla fine ad andarsene sono stati i commercianti italiani e i soldi. "Abbiamo investito denaro per comprare appartamenti in questa zona ed ora non valgono più nulla. Le case sono invendute da anni". La colpa di chi è? "Della politica nazionale dell'accoglienza.
Ci accusano di razzismo, ma noi vogliamo solo legalità, dignità e decoro". Nient'altro. "È una sofferenza. Ci sentiamo minacciati e la cosa peggiora di giorno in giorno. Perché lo sanno tutti: vicino alla spazzatura si avvicinano sempre gli scarafaggi".
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