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Lecco, uno schianto e poi le fiamme Due morti e 150 intossicati nel tunnel

Pomeriggio d’inferno nella galleria: un’auto dopo aver sbandato si è incendiata, ma i ventilatori non sono entrati in funzione

da Lecco

La Tigra esce di strada, si schianta contro la galleria sbrecciando una parete e poi rimbalza indietro. L’auto si ribalta e prende fuoco. Prima un’esplosione. Poi le fiamme. Chi è dentro l’abitacolo - un lecchese di 33 anni - muore carbonizzato. Chi è fuori deve iniziare a fuggire.
Ci sono le fiamme da una parte e il fumo dall’altra. Tanto fumo, nero, denso, tossico che blocca il respiro e incrosta i polmoni. Soffia verso nord, proprio dalla parte dalla quale la gente tenta di salvarsi la vita. Tutti in fuga dal tunnel senza capire bene cosa stia succedendo tranne il fatto che se non si scappa si muore.
È l’ora di pranzo di ieri quando 123 automobilisti si trovano intrappolati di colpo nella galleria San Martino sulla strada che collega Sondrio con Lecco. C’è stato un incidente, un’auto brucia, qualcuno è rimasto intrappolato tra le lamiere della sua Tigra ormai carbonizzata. Ma non si può far nulla per salvarlo. In pochi minuti il tunnel sotterraneo che parte poco prima della discoteca Orsa Maggiore si trasforma in una camera a gas. L’unica cosa che si può fare è scappare, un autotrasportatore lituano di quarantotto anni però non ce la fa.
È proprio dietro la Tigra. Lui innesta la retromarcia, parte a razzo ma si trova con il camion incastrato in un marciapiede. Si agita, scende e inizia a correre. Ma la paura e il fumo gli fanno cedere il cuore. Si accascia tra le braccia di un pompiere. I medici cercano di rianimarlo, ma muore in ospedale. Infarto. Il suo nome ancora non si sa.
C’è una signora incinta, un giapponese con due bambini, gente che torna dal lavoro, ambulanti che hanno appena finito il mercato.
Vigili del fuoco, polizia stradale e ambulanze del 118 accorrono in forze, entrano dalla canna nord del tunnel. Devono essere veloci e fare attenzione allo stesso tempo perché stanno andando contromano. Non c’è altro modo per riuscire a salvare tutti gli automobilisti che hanno gli occhi «bruciati» da fumo e calore, il volto annerito dalla fuliggine e quasi non riescono a respirare. È un serpentone continuo di gente che viene soccorsa da pompieri e volontari e portata all’ospedale Manzoni di Lecco. Circa 150 persone ma solo una ventina hanno bisogno di cure intensive, due i più gravi, gli altri si riprendono con la mascherina dell’ossigeno. Tutti raccontano di aver visto la morte in faccia, e di essere stati fortunati perché sono riusciti a salvarsi con le loro gambe.
È stato uno degli incidenti più tragici nella storia dell’attraversamento di Lecco, inaugurato nel 2000 e ancora una volta al centro delle polemiche sulla sicurezza perché i ventilatori che avrebbero dovuto assorbire il fumo sono partiti solo con 40 minuti di ritardo. I vigili del fuoco, appena arrivati, hanno dato un pugno al bottone rosso che serve per azionare l’allarme. I quattro ventilatori che avrebbero dovuto risucchiare il fumo alla velocità della luce si sono invece mossi a rallentatore. E il fumo ha continuato a inseguire la gente che stava per mettersi in salvo. L’Anas ha aperto un’inchiesta. La coda causata dall’incidente dura fino a tarda sera.
La Commissione collaborerà con le Autorità competenti all’accertamento di eventuali responsabilità e terminerà i propri lavori entro trenta giorni.

E sull’incidente è intervenuto anche l’assessore regionale alle Infrastrutture e Mobilità, Raffaele Cattaneo: «Nessuno vuole dare giudizi precipitosi - conclude Cattaneo - ma le verifiche sono necessarie e doverose perché Regione Lombardia vuole essere certa che tutti i sistemi di sicurezza stradali e infrastrutturali siano efficienti», ha detto.

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