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La Lega tira un sospiro di sollievo e studia già come occupare la sedia vuota

RomaOra il bicchiere si può vedere in due modi, mezzo pieno o mezzo vuoto. Così le dimissioni finali di Brancher sono la soluzione di un’operazione fantozziana del centrodestra, o il coronamento del pasticcio con l’autocertificazione finale. Per la Lega nord è una specie di liberazione, perché la nomina dell’amico Aldo non ha fatto altro che creare equivoci, dissapori, veleni fin da subito, col pastrocchio di quelle deleghe sul federalismo poi modificate in corsa. Poi, con la sciagurata idea di utilizzare il legittimo impedimento e le polemiche scatenate sulla nomina ad hoc, gli uomini di Bossi avevano fatto capire immediatamente che il caso Brancher andava chiuso, anche a costo di fargli fare un passo indietro. E non sono pochi, dentro la stessa Lega, che scommetterebbero su un impegno diretto del partito a favorire una soluzione del genere.
Ora, a dimissioni avvenute, la Lega spera di mettere una pietra sopra ad una vicenda complicata, che certo non ha giovato all’immagine della coalizione. Il ministro Roberto Calderoli plaude al senso di responsabilità dell’amico Brancher, già sottosegretario operativo sul dossier federalismo portato avanti proprio dal coordinatore delle segreterie della Lega: «Ha fatto un gesto importante, ha fatto quello che tutti i cittadini vorrebbero dai politici. Una scelta coraggiosa e un segnale forte in un momento complesso». Per Marco Reguzzoni, capogruppo del Carroccio alla Camera, Brancher «ha pagato le troppe strumentalizzazioni che si sono volute fare sulla vicenda», che è un altro modo per dire che il solo sospetto di una promozione a ministro per evitare il processo, sarebbe stato un tallone d’Achille intollerabile per la maggioranza.
L’uscita di Brancher non solo chiude una parentesi poco felice, ma apre anche nuovi scenari tra Pdl e Lega. Perché le dimissioni dell’ex sottosegretario ed ex ministro liberano una nuova casella nell’organigramma complessivo del governo, dopo quella lasciata vacante da Scajola allo Sviluppo economico. Il limite massimo per il numero di membri dell’esecutivo è fissato a 65. Adesso, visto che la rinuncia di Brancher al ministero creato tre settimane fa non comporta in automatico un suo downgrade a sottosegretario, la consistenza numerica del governo passa a 63 unità (tra ministri, viceministri e sottosegretari). Quanto basta per far lavorare gli uffici creatività delle segreterie politiche del Pdl ma soprattutto della Lega, che da qualche tempo ragiona su alcune caselle. Non si tratta di fame di poltrone, ma di equilibri e aspettative diverse tra i due maggiori partiti della coalizione. La Lega, per esempio, chiede con forza la «restituzione» dell’Agricoltura, cosa non facile anche perché nel frattempo lì si è insediato Galan, il quale sembra essere poco intenzionato a traslocare.

Tutte questioni da bilancino di precisione. In questo senso, lavorare su due caselle invece che su una, potrebbe aiutare a risolvere il rompicapo. Purché lo si faccia, sospirano i leghisti, senza finire in un altro caso Brancher...

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