La Lega urla all’«inciucio romano» Alle urne da sola in tutto il Nord

La Lega urla all’«inciucio romano» Alle urne da sola in tutto il Nord

RomaSi cercano ma non si trovano granché. Neppure la cena ad Arcore è servita a brindare al riavvicinamento degli (ex) alleati Pdl e Lega, che restano su due fronti ben diversi: uno in maggioranza, l’altra all’opposizione. Anche se i tuoni di Bossi («facciamo cadere la Lombardia», «Silvio è cagasotto»), riprendono decibel normali nelle discussioni a quattr’occhi col Cavaliere, i nodi non sono risolti. Bossi sta giocando la sua partita, teme l’isolamento e perciò riannoda i fili con Berlusconi, per evitare che l’ex premier giri la testa verso il centro, o addirittura il Pd, per concordare una legge elettorale che tagli fuori il Carroccio (titolo della Padania: «Contro i padani prove tecniche del partito unico romano»).
Il segretario federale della Lega, insieme a Calderoli, ha riprovato la sua carta più alta, chiedendo a Berlusconi di fare una cosa saggia che salverebbe l’asse: elezioni anticipate per spazzare via i tecnici e ritornare ad un governo eletto. Il Cavaliere però prende tempo, non può dare a Bossi una deadline per Monti, dunque per ora si va avanti così. Sul tavolo, al momento, c’è la legge elettorale. La Lega si è detta disponibile a modificare il Porcellum, ma se sentisse puzza di bruciato - hanno spiegato i capigruppo leghisti - ci sarebbero pesanti ritorsioni dal Carroccio. Quindi, per ora niente asse, solo una convergenza molto debole e sospettosa.
Anche sulle amministrative tira aria di separazione. Nel consiglio nazionale della Lega lombarda dello scorso venerdì si è decisa la corsa solitaria in tutti i comuni, alcuni dei quali anche importanti per Bossi. Anche nel resto del Nord la linea sarà quella, seppure non ancora ufficializzata da una decisione di via Bellerio. «Diventare il primo partito della Padania» è la nuova via leghista, lanciata da Maroni ma condivisa, con più prudenza, anche dal capo.
In Parlamento Pdl e Lega viaggiano abbastanza divisi. Una mozione del Pd passa con i voti di tutti, tranne la Lega, che se accusa subito l’ex alleato di incoerenza: «Grazie anche all’astensione del Pdl è passata in aula una mozione del Pd volta a favorire quello stato di polizia fiscale tanto osteggiato fino a poco tempo fa - dice il vicecapogruppo leghista Maurizio Fugatti - Ci chiediamo come mai il Pdl non l’abbia ostacolata». Altro fronte di tensioni, lo «svuotacarceri», ovvero il decreto legge che riguarda il sovraffollamento carcerario, contro cui la Lega sta facendo ostruzionismo. «Ma il Pdl ha votato contro tutti i nostri emendamenti!», lamenta un onorevole del Carroccio.
Bossi ne deve curare parecchi di dossier. Quello dell’alleanza col Pdl, che passa (anche) da una nuova legge elettorale che non deve stravolgere il vecchio impianto, perché il Porcellum non fa poi così schifo a Bossi, che potrebbe così decidere chi entra e chi non in Parlamento. E questo si interseca con l’altro fronte, quello interno. I maroniani attendevano una data per il congresso nazionale della Lega in Lombardia, ma l’ultimo «nazionale» ha rimandato la decisione, lasciando l’amaro in bocca ai barbari sognanti più agguerriti. In Piemonte, invece, si farà l’11 marzo, con Roberto Cota come candidato finora unico alla segreteria della Lega piemontese. Anche in Liguria (dove Rosy Mauro ha concluso il suo mandato da «legato», cioè commissario delle sezioni leghiste) si va verso il congresso nazionale, ancora senza una data stabilita. Molto più complicata la partita in Veneto, in particolare a Verona. Il sindaco Tosi sembra irremovibile, malgrado il no dei vertici, a presentarsi alle amministrative di primavera con una sua civica. Bossi non vuole, e lui vuole andare a Milano a parlarne direttamente col capo.

Il rischio, per Bossi, è che la lista Tosi ottenga più voti della lista Lega Nord a Verona, aprendo così la strada ad un plebiscito per il sindaco nel congresso veneto, tassello importante. Dunque, molte partite aperte. Servirà più di una cena per risolverle.

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