La Lega va divisa alla guerra contro l’Imu

RomaIl piatto forte della resistenza leghista, tra un mese in piazza (il 22 gennaio a Milano), si è già capito quale sarà: la protesta fiscale contro l’Imu, la nuova e odiosa Ici su tutte le case di proprietà. Pagarne meno e non pagarla del tutto? La faccenda «merita un approfondimento tecnico» dice Maroni, come dire che non è così semplice come la fanno i sindaci barricaderi della Lega in Veneto, ma che in qualche modo si farà. La soluzione più percorribile e dunque più probabile è quella indicata da Matteo Salvini, che per primo l’ha proposta a Milano. E consiste in una mozione, replicabile in tutti i consigli comunali della «Padania», per portare l’Imu al minimo previsto dalla legge, il 2 per mille. Qualcosa di ben diverso da una rivolta fiscale per «non pagare l’Imu», ma più concreta, e che permetterà comunque alla Lega di farsi portavoce del popolo dei tartassati in vista delle comunali di aprile 2012. Calderoli come coordinatore federale rimanda al Parlamento padano l’approfondimento tecnico dell’eventuale «obiezione di coscienza» leghista all’imposta sulla casa, ma il cuore della protesta rimane il Veneto, la parte più secessionista della galassia Lega Nord. Due sindaci che sono anche segretari locali del Carroccio, cioè Gian Paolo Gobbo (sindaco di Treviso e capo della Lega in Veneto) e Gianantonio Da Re (sindaco di Vittorio Veneto e coordinatore provinciale trevigiano), stanno spingendo più di tutti. «Stiamo già studiando come non far pagare l’Imu» dice Gobbo. E il governatore Zaia dà manforte alla protesta, senza sbilanciarsi troppo: «La protesta è condivisibile, basta evitare ingiunzioni».
In effetti i problemi pratici per passare dallo slogan ai fatti sono parecchi. Primo, scansare il boomerang, spingendo a un illecito che poi ricada sui singoli cittadini, sotto forma di cartelle esattoriali. Secondo, non farsi un autogol, visto che una parte dell’Imu va proprio ai sindaci, che di quei soldi (metà del gettito) hanno bisogno eccome. Il leghista che lo dice più chiaramente di tutti è il varesino Attilio Fontana. «Condivido il merito della protesta - avverte il sindaco di Varese - ma non la posso praticare perché altrimenti dovrei fare a meno di risorse fondamentali per finanziare i servizi e le attività sociali della città che amministro». Sembra che i maroniani (Fontana è tra questi) siano più cauti sull’iniziativa, che è chiaramente inapplicabile in forma radicale. Un altro di loro, Flavio Tosi, la sottoscrive idealmente ma fa capire che c’è poca trippa per gatti. «La protesta può essere utile per convincere il governo a togliere l’Imu sulla prima casa», o in alternativa va studiata bene «in modo da non lasciare esposto il singolo cittadino nei confronti dello Stato esattore».
Persino l’Anci è divisa sulla questione Imu. Il presidente dei sindaci italiani, Delrio, dice che l’idea leghista è «tecnicamente inapplicabile», mentre il segretario dell’Anci veneto la pensa all’opposto (Giorgio Dal Negro: «La chiamino “Isu”, imposta statale unica, non Imu, perché non ha nulla dell’imposta municipale. Il Veneto andrà fino in fondo»). La parola d’ordine dentro la Lega è «bisogna studiare come fare». Ma è importante come segnale politico: «Appena arriveranno i bollettini da pagare, la gente capirà che razza di fregatura è» spiega un big economico della Lega. Certo, non migliorerà i rapporti col Pdl, che già ha preso le distanze dalla campagna del Carroccio, a partire da Berlusconi: «Mi sembra strano perché l’Imu era prevista nell’ipotesi del federalismo». A quest’obiezione i leghisti rispondono che l’Imu c’era, ma non sulla prima casa, e non progressiva sulle seconde case. E che poi il decreto salva-Italia ha aumentato la fetta di imposta destinata allo Stato, togliendola ai Comuni. Perciò la rivolta dei sindaci.

Del resto la protesta fiscale è una vecchia bandiera della Lega. Gli uomini di Bossi l’hanno già proposta in passato sul canone Rai, sull’otto per mille, sugli studi di settore, sull’eurotassa. Non sempre è andata bene. Ma come slogan per la piazza, va benone.

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