Il miracolo è compiuto ma solo a metà, dall’abolizione di tutte le province all’eliminazione solo di quattro su 110, disgraziatamente cadute dentro i parametri di quelle non più sostenibili, nella selva delle altre da foraggiare ancora e ancora. Manca un tassello, per completare l’opera, solo questo: le targhe delle auto. Tornare a quelle vecchie, con le province prima del numero seriale, MI, TO, PV, FI, NA, un modo «per recuperare la perduta identità territoriale della nostra gente», spiega il leader dei Giovani padani Paolo Grimoldi, che sul tema ha presentato un’apposita proposta di legge alla Camera. Non è mistero che il Carroccio non voglia toccare le province, per cui paletto dopo paletto, eccezione dopo eccezione, la lista di quelle da cancellare si è ridotta via via, da tutte a 40, a 13, a 4, sempre con interessamento leghista. Celebrarle sulle targhe delle auto, dopo averle salvate in extremis (l’abolizione era già scritta nel provvedimento ma poi è sparita...), sarebbe il colpo magistrale, nell’ottica del «territorio» e delle sue rappresentanze locali, unica sovranità veramente concepibile nella mitologia antistatalista della Lega nord. Mantenerle («Se toccano quella di Bergamo è guerra civile», urlò Bossi appena sentì il tintinnio delle forbici tremontiane...) e poi rinverdire l’antico campanilismo stradale e autostradale, gli inevitabili commenti alla guida dell’auto altrui, in base alla provincia di provenienza del conducente, denunciata dalla targa.
Battaglia identitaria-auotomobilistica non nuova per la Lega. Appena fu introdotta la nuova targa, anonima e sradicata dal territorio, il Carroccio si fece sentire in Parlamento. Prese parola il deputato leghista Luciano Bistaffa, che presentò una proposta di legge in base a cui le targhe dovevano essere composte di sette caratteri (2 lettere, 3 numeri e 2 lettere) come quelle attuali, ma con in più l’introduzione delle sigle delle province e un «legame» della targa non più con l’autoveicolo ma con il proprietario, «che così potrà disporre di una o più targhe che conserverà per tutta la sua vita di automobilista». Il Bistaffa fece di più: secondo lui per le province con numero di abitanti superiore al milione la sigla doveva essere ridotta a una sola lettera per aumentare di dieci volte la possibile numerazione. Una proposta «più percorribile», spiegò il deputato leghista, «di quella di Franco Zeffirelli», il quale a sua volta - da senatore di Forza Italia - aveva chiesto una diversa modifica al sistema di targamento nazionale. «Le targhe italiane saranno azzurre, un azzurro intenso cielo d’estate». Un progetto che secondo il grande regista avrebbe valorizzato «il naturale gusto degli italiani per i colori e l’allegria, al posto di quelle terribili targhe cimiteriali scelte in precedenza».
Province dunque in bella mostra dietro le auto. Con diverse sigle nuove, tipo BAT (Barletta-Andria-Trani), o MB (Monza e Brianza), mentre non sapremmo dire le abbreviazioni automobilistiche delle nuove province sarde, come Medio Campidano (MC? No, è Macerata. Forse Md), Ogliastra (OG?), Carbonia-Iglesias, Olbia-Tempio. E potrebbero essercene delle altre ancora, perché la fabbrica di nuove province è sempre all’opera. Anche qui la Lega ricopre un suo ruolo non secondario. Del Carroccio è la proposta di istituire la nuova Provincia della Valcamonica, capoluogo Breno (5mila abitanti).
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