Le parole d’ordine ci sono tutte, e sono le solite. L’appello apocalittico: «Fermare i mutamenti climatici». O lo slogan movimentista: «Socializzare la conoscenza». Scorrere il programma dell’ottavo congresso nazionale di Legambiente significa lottare duramente contro il torpore da retorica ambientalista. Eppure un guizzo di novità c’è: su dieci giornate di logorrea verde (all’ex Fiera di Roma fino al 9 dicembre) quella di domani è occupata interamente da un convegno dal titolo quasi leniniano: «E se avessimo torto?».
Tre round dedicati ai temi più dibattuti (l’energia, il no alle grandi opere, il principio di precauzione verso novità scientifiche come gli ogm): sul ring polemico gli uomini di Legambiente a confronto con i critici dell’ambientalismo. Quella domanda, posta in un appuntamento ufficiale di una colonna storica dell’ecologismo italiano, risalta per contrasto in mezzo al compatto muro di posizioni calcificate, e spalanca una «porta pia» al dubbio.
«È che in Italia si oscilla tra il dibattito soporifero in cui tutti si danno ragione e lo scambio di insulti e scomuniche - spiega il presidente dell’associazione, Roberto Della Seta - volevamo sparigliare e tentare di discutere davvero. E poi credo che l’ambientalismo italiano abbia bisogno di uscire dal proprio recinto, abbandonare la vocazione minoritaria e l’immagine conservatrice. Legambiente del resto non si è mai schierata con chi rimpiange un paesaggio incontaminato che l’Italia non ha più da secoli. Per esempio troviamo bizzarro il no di Italia Nostra al nuovo metrò di Roma o l’opposizione all’auditorium di Ravello. Anche la bellezza delle colline del Chianti è in parte prodotto della mano dell’uomo».
Va detto che Legambiente è da sempre nell’area moderata dell’arcipelago verde, un’associazione «di lotta e di governo», che spesso collabora con le amministrazioni locali e ha cresciuto al proprio interno politici, vedi Ermete Realacci, e perfino manager, come Chicco Testa. L’aver reso così esplicito il dubbio metodologico su come affrontare le «grandi sfide per il futuro della Terra» resta però una novità vera. L’ultimo di numerosi segnali di fermento che provengono da questo mondo. Che negli ultimi anni da una parte si è visto scippare le proprie battaglie da guru dell’ultimora, vedi Al Gore, pronti a sfruttare l’attenzione dell’opinione pubblica verso effetto serra, ogm e affini. Dall’altra, avendo vinto la battaglia per far entrare i temi ambientalisti nell’agenda politica, vede il proprio marchio perdere di efficacia: la cura verde è come l’aspirina, un farmaco dal copyright scaduto il cui mercato politico è minacciato dai «generici».
Gli «sfidanti» chiamati da Legambiente del resto non sono industriali inquinatori o oltranzisti del cemento, ma espressioni di aree culturali affini o addirittura ambientalisti che hanno posizioni critiche rispetto alla massa del «no» a ogni costo. C’è uno scienziato come Edoardo Boncinelli, un sindaco di centrosinistra come Sergio Chiamparino e Chicco Testa, ex presidente di Legambiente che sull’atomo ha cambiato idea: «La penso come Sarkozy: forse il nucleare non sarà la soluzione, ma non c’è soluzione senza il nucleare».
Sul convegno di domani Testa è pessimista: «Vedrà che alla domanda “E se avessimo torto?” si risponderanno di no - ironizza - ma è vero che nell’ambientalismo italiano si cominciano a sentire voce dissonanti. C’è chi ha capito che è ipocrita tuonare contro l’effetto serra e pensare di risolvere tutto con le energie alternative».
Su alcuni temi, l’ostinazione nostrana contrasta sia col realismo di Sarkò che coi distinguo interni al movimento.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.