Legge elettorale, altolà del Senatur Berlusconi: «La mia è solo tattica»

da Roma

Quando Umberto Bossi ci si mette, sa bene come agitare le acque. Così, dopo una decina di giorni passati a leggere sui giornali le aperture di Forza Italia sul referendum elettorale e dopo più d’una telefonata con Silvio Berlusconi ha deciso di affondare il colpo. D’altra parte, erano settimane che i colonnelli del Carroccio si lamentavano della linea eccessivamente dialogante del Cavaliere. E l’accelerazione di Vannino Chiti - che ieri si è detto convinto che la riforma debba essere «fatta in Parlamento entro l’anno» - non ha certo migliorato le cose. Così, ci sta che il Senatùr abbia dato mandato a Roberto Maroni di esplorare qualunque possibilità ci sia sul tavolo per scongiurare il referendum.
Negli ultimi giorni, infatti, le conversazioni tra Berlusconi e Bossi si sono fatte meno affettuose del solito. Con il Senatùr a ripetere che la sua contrarietà al partito unico «non è una novità» e che già sulla Federazione «la Lega ti è venuta incontro». «La nostra identità - ha detto Bossi - non può essere messa in discussione da questo referendum». E poi - è il suo ragionamento - il fatto che si arrivi a un solo partito non vuol dire che poi non ci saranno decine di correnti. Obiezioni cui il Cavaliere ha risposto con un pizzico di preoccupazione, perché tutto è nelle sue intenzioni fuorché incrinare il rapporto con quello che da tempo considera l’alleato più fedele. «Umberto - ha assicurato - non devi preoccuparti, sai che non ti danneggerei mai. La mia è tutta tattica, perché non posso certo non andare a vedere cosa propongono e come si comportano. E poi, se c’è una possibilità di dividerli non posso certo lasciarla scappare... ». Non è un caso che Fabrizio Cicchitto si affretti a dire che si va al referendum solo «se vengono messe in campo forzature inaccettabili». Insomma, spiega il vicecoordinatore di Forza Italia, se «invece ci si confronta su modifiche ragionevoli siamo disponibili a parlarne».
Così, mentre l’ex premier sonda seppur con scetticismo il terreno, la Lega decide di giocare la sua partita. E insieme all’Udeur di Clemente Mastella dà vita a un Comitato per la democrazia parlamentare dove discutere la nuova legge elettorale. Maroni e il ministro della Giustizia, che ieri mattina si sono incontrati negli uffici del Carroccio di Montecitorio, concordano infatti nel criticare un referendum che «sconvolgerebbe» la vita democratica italiana facendo «scomparire realtà politiche importanti». Per questo, spiega il capogruppo dell’Udeur alla Camera Mauro Fabris, «la nostra iniziativa è aperta a tutti». Così, il tavolo dei cosiddetti «piccoli» raccoglie il plauso anche della sinistra radicale. Li «guardiamo con interesse» ha detto il capogruppo del Pdci alla Camera Pino Sgobio. Mentre si è spinto ben oltre il ministro di Rifondazione comunista Paolo Ferrero: «Le cose che dicono Mastella e Maroni sono giuste perché il referendum non garantirebbe la rappresentanza e ridurre i “piccoli” a riserva indiana». E anche il portavoce dell’Udc Michele Vietti è convinto che la legge elettorale non sia «materia da affidare al referendum».
Intanto, il ministro Chiti accelera e ipotizza che la nuova legge elettorale possa essere fatta «entro l’anno» mentre il segretario dei Ds Piero Fassino chiede al centrosinistra «un orientamento unitario per evitare un uso strumentale del referendum». «Non abbiamo promosso noi il referendum e - replica il coordinatore azzurro Sandro Bondi - non è vero come sostiene Fassino che Forza Italia abbia il proposito di utilizzarlo strumentalmente per abbreviare la legislatura».

«Siamo disponibili», gli fa eco il capogruppo al Senato Renato Schifani, «a dare il nostro contributo per apportare miglioramenti all’attuale legge elettorale». «Non ho nessuna difficoltà - spiega Fassino - a parlare con Berlusconi, con Fini, con Casini per vedere se si può migliorare una legge elettorale barbara e incivile e che tutti vogliamo cambiare».

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