Il Cav occupa il Parlamento per quisquilie personali e dimentica i problemi «veri» degli italiani. È il ritornello che Bersani ripete senza varianti, come uno zombie spompato. Si accoda Di Pietro fumando dal naso, poi Casini con la voce da bombarda e il belante e trascurabile Bocchino. La monodia non dice nulla di buono sull’ampiezza delle loro idee.
Se il premier appare impiccato alla Giustizia non è per suo gusto. Ha cercato in ogni modo di trovare uno scudo per rinviare i processi a fine legislatura e governare in pace. L’opposizione gliel’ha rifiutato con la scusa della legge eguale per tutti. Ragionamento a pera perché disparità ci sono sempre state a ragion veduta.
Tuttora gli eletti hanno uno status speciale rispetto ai comuni mortali e in origine avevano addirittura l’immunità piena che, prevista dai saggi Costituenti, un Parlamento di smidollati ha cancellata nel 1993. Se si vuole, infatti, proteggere la politica - ergo la sovranità popolare dalla magistratura, si deve impedire alla magistratura di sgambettare la politica. Per miopi dispettucci, non se ne è tenuto conto.
Ora le cose stanno così. Le toghe accatastano i processi contro il Berlusca.L’opposizione gli ha negato qualsiasi difesa, condannandolo a passare la legislatura in tribunale. Per opporsi al «pacco» congiunto di giudici e avversari politici, il premier presenta provvedimenti che permettano al governo di arrivare in fondo alla legislatura. Agisce in stato di necessità e in base a una scaletta non fissata da lui, ma dalle procure: quella di Palermo che lo vuole mafioso, quella di Milano che lo accusa di corruzione e intemperanze sessuali, altre che si agitano qua e là, ventilando ignominie e ritrattandole, come serpi inquiete che fanno capolino tra i rovi.
Quello che irrita di questo cabaret, sono Bersani & co. che smadonnano perché il Cav li costringe a sorbettarsi i fatti suoi, mentre vorrebbero occuparsi della gente, anelano per il Paese, ecc. Sono una combriccola di commedianti e bari. Mettono in piedi il can cani giudici appiccando l’incendio, loro negando l’acqua per spegnerlo - e hanno l’impudenza, dopo averlo accerchiato, di accusare il premier perché tenta di riequilibrare i rapporti di forza. Cosa c’è di più leale e costituzionale che usare leggi e riforme per farlo? Si dice maldestramente che si ingegni per sé. In realtà, lavora per tutti. Se oggi è lui nel mirino golpista, domani potrebbe toccare a chiunque non piaccia alla toga di turno. Il braccio di ferro è in corso da quando c’è il Cav. Questa ripetitività, esaspera e stufa. Viene la tentazione di dire: Berlusca smamma, sarai anche una vittima ma, finché sei in circolo, non se ne esce. Chi si indigna per i tranelli non accetta la scorciatoia. Altri invece si arrendono.
Ho letto, giorni fa sulla Stampa , l’editoriale di Michele Brambilla, già vicedirettore di questo quotidiano e giornalista autentico. Eppure ha sposato in toto la tesi dell’opposizione secondo cui la grande politica è costretta ad appiattirsi sulle faccenduole del premier. Sarà stato un attimo di scoramento che era meglio smaltire prima di scrivere. Penso che un commentatore non debba vedere le cose con gli occhi altrui ma svelare, al di là delle apparenze, cosa c’è sotto. Nel caso in specie, non è il Cav a occupare lapolitica con le sue beghe ma è l’antipolitica dei suoi nemici - incapaci di batterlo lealmente - che tenta di scalzarlo per via giudiziaria.
Il premier però non perde tempo. Facendo di necessità virtù, afferra per le corna la malagiustizia. Non è vero che cincischia o fa leggi ad personam . Berlusconi è solo la cartina di tornasole. La putredine dei tribunali è percepita da milioni di italiani che, per averne passate di simili, si rispecchiano nelle vicissitudini del Cav. Lasciamo le grandi questioni e stiamo solo a recenti fatti minori, puntuale conferma dell’anarchia giudiziaria.
Nell' ufficio del Governatore del Lazio sono state trovate microspie. Si è pensato a un intrufolamento della malavita per influire sulla politica.
A introdurre gli spioni sono stati, violando le regole di ingaggio, i vigilantes cui era affidata la custodia dell’ufficio. La Procura di Roma indaga e intuisce che l’ordine di installare le cimici parte dai pm di Albano, comunello a due passi, impegnati in un’inchiesta. Cane non mangia cane e Roma si ferma. Nell’aria ristagna però in una malsana atmosfera di malandrinaggine perpetrata da giudici: penetrazione furtiva in un palazzo della politica, induzione dei vigilanti a doveri contrari al loro ufficio, spionaggio di decisioni amministrative, e, presi col sorcio in bocca, silenzio ribaldo dei pm sospettati. Sembra brigantaggio. È invece giustizia all’italiana.
L’altro caso significativo è l’intercettazione del Cav sulle utenze di alcune sue conigliette.
La Costituzione prescrive che la registrazione, senza autorizzazione della Camera, non può essere usata. La Procura di Milano invece la inserisce nel dossier Ruby e il Corsera la snocciola papale papale. Il procuratore - il serioso Bruti Liberati sostiene che è tutto regolare, che lo ha fatto a garanzia del premier e altre capziosità. Conclusione: la Costituzione - non il regolamento del condominio - dice chiaro che l’intercettazione andava distrutta, invece ha fatto il giro del mondo. Sono deviazioni che, se la magistratura avesse anticorpi, dovrebbe sanzionare da sé. Invece ha solo una sconfinata presunzione: fa le pulci a tutti e ne è il vivaio. Tocca al Parlamento rimetterla in carreggiata. E poi, basta col ricatto delle leggi ad personam del Cav. Userebbero l’accusa anche se abbassasse le tasse, risparmiandone pure lui. I veri gaudenti dei privilegi sono in realtà gli ipocriti che li criticano. Prodi che, dopo essersi opposto alla detassazione delle donazioni, ne profittò per donare appartamenti ai figli. Visco che, contrario al condono edilizio, lo chiese per sé.
D’Alema, che non apre bocca sulle intercettazioni, ma a Strasburgo pietisce l’immunità sulla sua. Idem Di Pietro e De Magistris, per salvarsi dai processi. Guarda tu che mammole.
Resta-è vero- che,distratto dall’assedio, il Cav si è occupato poco del rilancio economico e si è affidato a Tremonti.
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