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Leggi razziali, i gesuiti: "La Santa Sede sbagliò" Il Papa: Pio XII fu giusto

Continua la polemica sul fascismo che si sposta sul fronte ecclesiastico. Benedetto XVI preme per la beatificazione di Pio XII, mentre la rivista Civiltà Cattolica accusa: "Imbarazzo per gli storici cattolici"

Leggi razziali, i gesuiti: 
"La Santa Sede sbagliò" 
Il Papa: Pio XII fu giusto

Roma - Civiltà Cattolica esprime "imbarazzo" per la scelta della Santa Sede di "agire con mezzi discreti e puntando sull’efficacia della propria diplomazia domestica" contro le leggi razziali varate da Mussolini, finalizzando in particolare la propria azione a mettere in salvo prima di tutto gli ebrei italiani convertiti al cattolicesimo. È quanto si legge in un articolo della rivista dei Gesuiti, le cui bozze prima della pubblicazione sono riviste dalla Segreteria di Stato. Immediata la replica di papa Benedetto XVI: "Pio XII difese gli ebrei".

L'accusa dei Gesuiti Contro le leggi razziali varate da Mussolini la Santa Sede "scelse di agire con mezzi discreti e puntando sull’efficacia della propria diplomazia domestica", finalizzando in particolare la propria azione a mettere in salvo prima di tutto gli ebrei italiani convertiti al cattolicesimo. Secondo la rivista la Santa Sede chiese al Governo fascista di "utilizzare come criterio discriminatorio non il dato biologico-razziale, ma quello religioso, cioè l’appartenenza a una determinata fede religiosa, in questo caso quella giudaica". "Appare oggi imbarazzante per lo storico cattolico, soprattutto dopo le aperture del Concilio Vaticano II in tale materia - ammette Civiltà Cattolica - giustificare con categorie morali o religiose tale impostazione di pensiero e tale modo di procedere. Secondo la mentalità cattolica del tempo, anche se non tutti erano d’accordo con tale principio, sembrava che compito della Chiesa fosse quello di proteggere innanzitutto i propri fedeli, senza però in questo venir meno al senso di giustizia e carità dovuti a tutti gli essere umani".

La linea del Vaticano Il tentatvo diplomatico, affidato dalla Segreteria di Stato al padre gesuita Tacchi Venturi, "fiduciario del Ppa apresso Mussolini", al quale era stata indicata la linea che oggi suscita l’imbarazzo degli storici cattolicii, "non ebbe, come è noto, grande fortuna, anche perchè Mussolini - ricostruisce l’articolo a firma di p. Giovanni Sale - era fortemente detrminato a portare avanti la sua politica razziale e in questo settore non voleva essere secondo all’alleato tedesco". Ma con tutti questi limiti, il tentativo compiuto e soprattutto le parole del Papa e l’azione concreta di tanti sacerdoti e religiosi dimostra che non è vero che la Chiesa "subì passivamente o che intervenne soltanto per tutelare gli interessi cattolici e confessionali", perché "sebbene con discrezione, cercò di preparare gli spiriti per la futura battaglia contro le nuove disposizioni emanate dal Regime".

Il mito da "sfatare" L’articolo definisce inoltre "un mito da sfatare" quello secondo cui la legislazione antiebraica adottata in Italia nel ’38 sarebbe stata "più blanda e più umana" di quella in vigore in altri Paesi totalitari e in Germania. "Per la prima volta nella storia d’Italia dell’Italia unita - scrive padre Sale - un testo legislativo aveva per oggetto una parte dei cittadini dello Stato, identificandoli sulla base di criteri razziali" e il legislatore fascista di fatto privò gli ebrei "nel giro di pochi mesi, di tutti i diritti civili e politici, sdradicandoli dal corpo stesso della nazione". Indirizzate anche contro gli ebrei stranieri in Italia, ricorda la rivista, le leggi divennero per questi "una vera e propria trappola" e annullarono "di colpo una tradizione di asilo per i perseguitati politici, che all’estero era considerata una caratteristica del tratto gentile e accogliente del popolo italiano". E i fascisti, conclude l’articolo, cominciarono dalla scuola perchè vollero "uno shock salutare e necessario per dare un’indicazione certa sulla volontà governativa di attuare una seria politica razziale, come già si faceva in Germania, attraverso la separazione-segregazione sociale".

La replica del Santo Padre Pio XII "non risparmiò sforzi" per difendere e proteggere gli ebrei dalle persecuzioni del nazismo e del fascismo: lo ha affermato Benedetto XVI, ricevendo i partecipanti ad un convegno nel corso del quale sono stati presentati documenti inediti che hanno ridisegnato e chiarito il profilo di uno dei pontefici più controversi dello scorso secolo. Nel cinquantesimo anniversario dalla morte di papa Pacelli, che sarà ricordato il 9 ottobre con una messa celebrata dallo stesso Benedetto XVI in San Pietro, la Pave the way foundation, composta da studiosi ebrei e cattolici, ha raccolto e presentato in questi giorni una serie di testimonianze, che oggi hanno riscosso il plauso e l’interpretazione di papa Ratzinger. "Quando ci si accosta senza pregiudizi ideologici alla nobile figura di questo Papa - ha detto oggi Benedetto XVI - oltre ad essere colpiti dal suo alto profilo umano e spirituale, si rimane conquistati dall’esemplarità della sua vita e dalla straordinaria ricchezza del suo insegnamento. Si apprezza la saggezza umana e la tensione pastorale che lo hanno guidato nel suo lungo ministero e in modo particolare nell’organizzazione degli aiuti al popolo ebraico".

La verità su Pio XII "Tanto si è scritto e detto di lui in questi cinque decenni - ha detto papa Ratzinger parlando di Pio XII - e non sempre sono stati posti nella giusta luce i veri aspetti della sua multiforme azione pastorale". Papa Pacelli "non risparmiò sforzi, ovunque fosse possibile, per intervenire direttamente oppure attraverso istruzioni impartite a singoli o ad istituzioni della Chiesa cattolica" in favore degli ebrei, interventi spesso "compiuti in modo segreto e silenzioso - ha evidenziato ancora papa Ratzinger - proprio perchè, tenendo conto delle concrete situazioni di quel complesso momento storico, solo in tale maniera era possibile evitare il peggio e salvare il più gran numero possibile di ebrei". "Questa sua coraggiosa e paterna dedizione è stata del resto riconosciuta ed apprezzata durante e dopo il tremendo conflitto mondiale da comunità e personalità ebraiche - ha concluso il pontefice - che non mancarono di manifestare la loro gratitudine per quanto il Papa aveva fatto per loro. Basta ricordare - ha aggiunto - l’incontro che Pio XII ebbe, il 29 novembre del 1945, con gli 80 delegati dei campi di concentramento tedeschi, i quali in una speciale udienza loro concessa in Vaticano, vollero ringraziarlo personalmente per la generosità dal Papa dimostrata verso di loro, perseguitati durante il terribile periodo del nazifascismo".

Ringraziando infine i partecipanti al simposio e in particolare il presidente della fondazione, Gary Krupp, "per la costante azione che dispiega nel favorire i rapporti e il dialogo tra le varie Religioni", Benedetto XVI ha auspicato che ulteriori studi possano "far giungere insieme a conoscere la verità storica, superando così ogni restante pregiudizio".

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