Politica

Leggi razziali? Il Pd non infanghi la Shoah

È umiliante che Franceschini abbia usato l’argomento delle leggi razziali riferendosi al ddl sulla sicurezza sul quale verrà richiesta la fiducia martedì mattina. Non fa piacere che il leader dell’opposizione in Italia diseduchi i giovani italiani circa la storia del proprio Paese, usandone titoli senza contenuto come specchi per le allodole. Il segretario del Pd ha reso una fra le nostre peggiori tragedie moneta corrente di una disputa politica che oltretutto è impropria e superata, perché sia sulla questione detta dei “medici spia” sia su quella dei “presidi spia” il governo ha promesso di correggere il provvedimento. Impossibile non essersene accorti. Quindi, tanto più l’osservazione di Franceschini è pretestuosa. Scrivo di questo argomento avendo firmato la cosiddetta lettera dei 101, che semmai ha dimostrato che obiezioni sollevate con chiarezza possono essere ascoltate e possono cambiare le cose. Non così i gorghi concettuali di Franceschini. Le leggi razziali dell’autunno 1938 furono in Italia la premessa necessaria alla delegittimazione degli ebrei in quanto cittadini italiani, e quindi li resero profughi pronti per le fauci della Shoah. I fascisti espulsero alcuni membri della mia famiglia dalla scuola, altri dal lavoro, mio nonno fu cacciato dalla banca in cui lavorava in posizione onorata. Fu vietato il matrimonio fra italiani ed ebrei; proibito avere alle proprie dipendenze domestici; vietato alle pubbliche amministrazioni, alle banche, alle assicurazioni e altre società private di avere dipendenti ebrei; furono chiuse la professione di giornalista e di notaio e altre libere professioni, ai ragazzi l’iscrizione alle scuole pubbliche, alle scuole fu proibito adottare libri di testo di autori ebrei. Fu vietato svolgere il servizio militare, esercitare il ruolo di tutore dei minori, essere titolari di aziende di interesse nazionale; essere proprietari di terreni o fabbricati al di sopra di un certo valore. Fu imposta la denominazione “razza ebraica” sui registri dello stato civile. Italiani di ogni ceto furono espulsi dal consesso nazionale, e la loro emarginazione anche sociale diventò premessa delle deportazioni. Il manifesto della razza del 15 luglio ’38 stabiliva che «gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata... diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli italiani». In una parola: alcune decine di migliaia di italiani furono colpiti da provvedimenti discriminatori che li privavano della loro identità. Le motivazioni erano dichiaratamente razziali; infatti gli ebrei non erano mai stati un problema, né tantomeno erano una novità, in Italia fin dal 70 d.C. Erano una razza da estirpare, perché non erano “ariani”. Le leggi introdussero provvedimenti discriminatori fra veri e falsi cittadini italiani. I provvedimenti per la sicurezza si occupano di tutt’altro: il nuovo grande flusso di stranieri, il tema della clandestinità, quello dell’accesso nelle varie istituzioni italiane, quello della tassa di soggiorno, quello della sicurezza legato alla novità... Problemi concreti che ognuno, come si vede dalla varietà delle leggi, in gran parte molto severe, dei Paesi europei, risolve a modo suo, e nessuno di questi Paesi è fascista. Hanno semplicemente tutti in comune il tema della nuova immigrazione, della clandestinità, della sicurezza. Problemi per gli italiani, perché gli stranieri non sono italiani. Una pura tautologia che non contiene nessuna discriminante pregiudiziale. Ma solo formulando il pensiero che l’immigrazione di massa è una questione di cui occuparsi senza orpelli e infingimenti concettuali, noi tocchiamo un tabù della sinistra, e al contrario, Franceschini accusando chi se ne occupa di razzismo fa squillare una tradizionale chiarina. Ma mentre gli italiani, specie quelli che abitano nelle periferie urbane, in parte di sinistra, avvertono con generosità magari, e con sofferenza quotidiana la necessità di affrontare questo tema, i leader li abbandonano nel vuoto. Così nasce una discrasia pericolosa nella gente di sinistra fra un tema vero e il suggerimento inadeguato della sua leadership, che invece che di clandestini parla, stranamente, di leggi razziali. Ma in questo modo l’elettorato di sinistra resta privo di mediazione politica rispetto a un tema che è vita quotidiana.

Non si stupisca, poi, Franceschini se il suo mondo sarà il più propenso a pensieri irrazionali, anche razzisti, contro i clandestini.

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