Legionella, controlli a tappeto all’Umberto I

Le rilevazioni ambientali, avviate al policlinico Umberto I dopo la prima morte per legionella, proseguono palmo a palmo per approfondire l’ipotesi di contagio negli impianti idrici e in quelli di aerazione. Già, perché proprio ieri si è venuto a sapere di un secondo caso conclamato di morbo del legionario. Se il primo caso era stato rinvenuto nel reparto di chirurgia d’urgenza abbinato al Dea (Pronto soccorso) il secondo sta interessando un paziente ricoverato a cardiochirurgia.
Lo hanno accertato, ancora una volta, i responsabili del servizio ispettivo di Igiene pubblica dell’Asl Roma A intervenuti a seguito delle segnalazioni della direzione sanitaria del nosocomio universitario. Che sia una semplice coincidenza o un fenomeno più esteso, quindi da approfondire, lo metteranno in evidenza i campionamenti in corso in queste ore. Sotto la lente degli igienisti i filtri dell’aria nelle camere e nei corridoi nonché i tubi dell’acqua e gli eventuali serbatoi situati nei piani terrazzati. Non c’è allarme al momento, ma non c’è neppure da stare allegri visto che dai primi sopralluoghi è emerso che «gli impianti di aerazione appartengono allo stesso flusso operativo». «Per cui è meglio indagare su ogni possibile relazione dei due casi di legionella, inoltre - ha spiegato il responsabile del Servizio d’igiene pubblica, Bruno Corda - i gruppi di trattamento dell’aria sono molto vicini. Per definire ogni approfondimento dobbiamo comunque attendere l’analisi sui campionamenti fatta dall’Arpa Lazio». Ma non è finito. «Da qui alle prossime ore ulteriore indagini interesseranno anche il percorso precedente del paziente ricoverato a cardiochirurgia - ha aggiunto il direttore del Servizio ispettivo Umberto Pacchiarotti - in modo da tradurre così, in modo soddisfacente e definitivo, non solo tutte le analisi e i controlli di rito ma pure le eventuali concause ancora da accertare».
A questo punto diventa lecito riproporre il quesito sui fattori che hanno indotto la direzione sanitaria e quindi pure la direzione generale a non dare seguito alle indicazioni esplicitate dal Servizio d’igiene che già tre giorni fa, acclarata la morte della prima paziente per legionella, aveva segnalato la possibilità di chiudere il reparto. Oggi i reparti sono due e aperti. È naturale che in questo nuovo contesto il clamore mediatico inscenato dall’inchiesta del settimanale l’Espresso, che ha interessato l’incuria nei sotterranei del nosocomio universitario più grande dell’Unione europea, non si sia affatto smorzato. Anzi, sembra abbia aperto la strada a nuove indagini. Nel fascicolo aperto dal procuratore Gianfranco Amendola in merito al degrado che alberga nell’ospedale sono andati a finire anche i rilevamenti dell’Ufficio d’igiene sulle infezioni da legionella. Un caso? Chissà. Comunque già sabato scorso i primi accertamenti hanno impegnato pure i vertici dell’azienda Asl Roma A. Mentre le indagini proseguono senza tregua, l’aria che tira sul nosocomio si fa sempre più pesante.

Dopo le rivelazioni del manager Ubaldo Montaguti sul presunto rischio di traffico di cornee, venuto fuori venerdì scorso nella seconda puntata dell’inchiesta del settimanale, i direttori dei vari reparti ospedalieri hanno deciso di riunirsi in assemblea già stamattina per confrontarsi pubblicamente. E «radio corsia» non smentisce, tantomeno avalla, la possibilità che qualcuno dei cosiddetti «baroni» possa avanzare la richiesta di dimissioni per il general manager ferrarese.

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