da Berlino
Giornata di concorso con vincitori di Oscar e di grossi festival ieri alla Berlinale. Autore del magnifico documentario-intervista con Robert McNamara Fog of the War, premiato con l'Oscar nel 2004, Errol Morris ha presentato Standard Operating Procedure, interviste ai reali militari statunitensi rei delle torture - fra 2003 e 2004 - nel carcere di Abu Ghraib, presso Bagdad, alle quali sono aggiunte brevi ricostruzioni di quanto - come una fucilazione in cella - non è stato ripreso da loro stessi.
Il titolo del film si capisce dopo un'ora e mezza delle due che dura: ammanettare per giorni i prigionieri in posizioni di sofferenza o obbligarli a un precario equilibrio era - è - «procedura operativa normale»; crimini sono considerati altri comportamenti (strappare unghie ecc.), con un'ipocrita assimilazione solo di quelli più dolorosi a quelli sessualmente umilianti.
Per il Paese che stipendia il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, il documentario di Morris suona come il classico «da che pulpito vien la predica». Per lo spettatore non giurista e non sadico, il film è invece monotono e ripetitivo: una cosa è ascoltare lex ministro della Difesa ed ex presidente della Banca mondiale McNamara su come ha fatto la storia, unaltra è ascoltare soldati qualsiasi, degni di Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini.
Al film dellorrore carcerario reale è stato connesso, per compensazione, il film dellevasione londinese immaginaria, Happy-Go-Lucky («Cuor contento il ciel l'aiuta») di Mike Leigh, che ha strappato uno dei rari applausi convinti alla stampa, con la storia di una maestra dasilo londinese che prende la vita sorridendo. Il film, il regista e Sally Hawkins, la magnifica protagonista, si candidano a Orso d'oro, premio per la regia, per la sceneggiatura e per l'interpretazione. Leigh ha già vinto la Palma d'oro per Segreti e bugie (1996) e il Leone d'oro per Il segreto di Vera Drake (2004): alla collezione manca solo l'Orso d'oro.
Ultimo film in concorso di ieri, Notte e giorno di Hong Sangsoo, produzione coreana ambientata a Parigi, dove finisce uno studente coreano convinto d'esser ricercato in patria. Non si capisce perché vada lì, dove non conosce nessuno, e non a Kuala Lumpur o a Taiwan, che almeno sono vicine alla Corea.
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