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Lendl, mancino a tennis e destro a golf

Lea Pericoli

Durante la lunga estate del tennis, tra Roma, Roland Garros e Wimbledon, mi accade spesso di ritrovare vecchi amici. Campioni che hanno fatto parte di uno spaccato di vita. Di un passato romantico, ricco di ricordi. Sottolineo ricordi perché è la parola magica che riassume viaggi, applausi, buonasalute, allegria. Erano quelle le cose da spartire. Elementi fondamentali per essere felici. Eppure, molti di noi, hanno scelto di andare a morire lontano, come gli elefanti.
I tennisti si dividono in due specie: quelli (e sono pochi) che restano per amore del gioco o per lavoro e quelli che vogliono dimenticare. Ivan Lendl è uno dei grandi «desaparecidos». Il suo è uno dei casi più eclatanti. Un giorno ha appeso la racchetta al chiodo e se n’è andato per sempre. Lo conoscevo bene. Lo conoscevo al punto da sapere quanto rimase deluso quando gli rifiutarono la residenza a Montecarlo. Erano gli anni Settanta. Il Principato preferiva ignorare le richieste dei cittadini dei Paesi dell’Est, quelli che allora si chiamavano «comunisti». Lendl si stabilì nel Connecticut e, per ripicca, non giocò mai più nel Principato. Sapevo che aveva avuto cinque figlie, che era diventato un ottimo golfista, che si era costruito un percorso a due passi da casa. Quest’anno a Parigi, parlando con un amico, ho scoperto altre cose. Lendl passa il suo tempo ad accompagnare le figlie da un campo di golf all’altro. Quando giocava a tennis soffriva di mal di schiena, ora che gioca a golf sta benissimo: «Ho male alla schiena - dice - se tento di correre. Non se gioco a golf». Questa è la spiegazione di un uomo che ride poco. Un tipo difficile che si offende se qualcuno gli chiede il suo handicap. «Non ho handicap. Io gioco con i professionisti. Sono scratch», risponde. Lendl non ha mai passato il taglio nelle qualificazioni degli US Open di golf. Questo riapre un’antica ferita. Lo stesso grande dolore che gli provocò Wimbledon. L’anno in cui era numero uno del mondo nel tennis ingaggiò Tony Roche per addomesticare l’erba. Si ritirò da tutti i tornei. Trascorse ore ed ore a spingersi verso rete, ad imparare la volée. Ma il sacrificio fu inutile. Il trono più prestigioso gli fu negato. Oggi, come per Mansell, l’obiettivo di Lendl è quello di entrare nel Senior Tour di golf. Intanto fa da caddy alle figlie. Una curiosità: ha giocato a tennis con la destra, ma a golf gioca da mancino. Una scelta che fece anche Budge Patty, altro campione che nel 1950 vinse Roland Garros e Wimbledon. Quando incontrai Budge a Mandelieu, il più antico golf di Francia, lo guardai stupita. Lui scosse la testa e disse: «Perché ti meravigli? Il mio colpo migliore era il rovescio. Per questa ragione gioco da mancino». Non avevo dimenticato il rovescio di Patty, anche perché era stato mio compagno di misto. Tornando a Lendl posso dirvi che ha ottenuto i migliori risultati golfistici nelle Pro Celebrity. Però non gli è bastato: infatti insegue mille chimere oltre alle figlie, tutte e cinque bellissime. La più grande si chiama Marika ed ha 15 anni. Le gemelle Isabelle e Caroline ne hanno 13. Daniela ne ha 12 e Nikki 7. Marika sembrava poco incline allo sport. Ma il padre la invogliò promettendo una ricompensa per ogni vittoria. La bimba è diventata fortissima. Si è addirittura piazzata tra le prime 20 junior degli Stati Uniti. Ma l’obiettibvo di «papà Ivan» è quello di farla arrivare al top dei top. Lendl oggi guarda il tennis solo in tv. Non ha nostalgie. Non vuole incontrare i vecchi amici: «Federer è fantastico», dice con l’antico rancore per ciò che gli ha negato Wimbledon. La sola vittoria che il tennis non gli ha dato. Boccone amaro in una stagione negativa. La stagione dell’oblio.

Dopo la sconfitta, il campione, sul libro del tennis mise la parola fine.

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