Ha 70 anni ma è sempre giovane per virtù di poesia. Leonard Cohen, padre putativo dei cantautori dark, corona il memorabile tour estivo (che lo ha portato in Italia dopo 15 anni) con lo splendido doppio cd e dvd Live in London.
Qui cè la sua anima, toccata da mille emozioni e delusioni ma ancora capace di stupirsi, di parlare alle coscienze ora dal buio dellanima, un momento dopo da «una domenica mattina a casa con il sole». Non è un canzoniere, è la realtà che incrocia lazzardo visionario, lo spirito che si sposa con la carne e partorisce Hallelujah (un meraviglioso inno ripescato da decine di artisti, da k. d. lang a Jeff Buckley a Alexandra Burke, vincitrice dellX Factor inglese che lo ha riportato in vetta alla hit parade), fa rinascere la plumbea Dance me to the end of love, ridipinge la mistica Bird on the wire, fa esplodere i mille colori di Take this waltz e Tower of song e allimprovviso si piega sugli inimitabili sapori agrodolci di Thats no way to say goodbye (un brano finito in uno spot senza perdere, anzi, la potenza delle immagini e la profondità dei significati) e Suzanne.
Cohen ama dire: «Ho ricevuto il titolo di poeta e forse lo sono stato per un po.
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