nostro inviato a Milanello
Gandhi ma fino a un certo punto. Leonardo veste i panni del rivoluzionario con le mani giunte e gli occhialini a metà naso quando si tratta di replicare ai veleni provenienti da casa Moratti dopo quel po po di derby ma appena cè da difendere il lavoro suo e del Milan attuale, tira fuori gli artigli. Con la dolcezza che gli è naturale. «Abbiamo fatto tante cose buone» è lo scudo protettivo eretto sulla soglia di Milanello per impedire che le critiche, anche feroci, e le censure seguite allennesimo derby perso, finiscano col cancellare tutti i meriti acquisiti in precedenza dai rossoneri. Non gli fa effetto prendere atto del primato gigantesco dellInter: non può sorprenderlo. «LInter vince da 5 anni, vince con 15-20 punti di vantaggio, sul mercato ha preso 6 rinforzi e pensate che io possa meravigliarmi? Noi abbiamo battuto il Real Madrid ma non mi considero più forte del Real Madrid, mi considero competitivo»: è quasi uno sfogo nei confronti di chi chiede, allimprovviso, di tornare alla pari con lInter dopo aver perso Kakà e con un modesto mercato a disposizione. Alzi la mano chi pensa che Leonardo abbia torto. Lui e Tassotti, il suo assistente principale, sono convinti di essere riusciti a ottenere, fin qui, il massimo dalla rosa a disposizione e non considerano una colpa se Abate non è il giovane Tassotti e Antonini un piccolo Maldini.
Perciò trascinare Leonardo sul terreno scosceso della polemica, è impresa ardua. «Non voglio passare per buonista: la cultura del sospetto non mi appartiene» lunica risposta che può fare impallidire la smodata frenesia interista. «Anche quando ero fuori dai giochi e vedevo alzarsi i polveroni promettevo a me stesso: queste storie non le voglio vivere» è la convinzione ripetuta dinanzi allincalzare dei quesiti, anche i più appuntiti, come quello di chi gli ricorda che non si può, come fece Moratti prima del derby, celebrare la stima e lamicizia per Leonardo, per poi, a fine derby, vinto in 10 contro 11, sostenere che il Milan voleva sfilargli il portafogli dalla tasca. Non si può fare così, nel calcio come del resto anche nella vita. «Lunico fastidio effettivo è determinato dalla sconfitta» la confessione pubblica minimalista di Leo. Se non gli procura lorticaria lo sfottò di Mourinho, figurarsi la mascherata di Materazzi, «conosco Marco, è stata una cosa scherzosa».
«Io penso alle cose tecniche» è la sua bussola. E con quella bussola davanti può anche rispondere alle richieste di chiarimenti sul mancato utilizzo di Inzaghi, oppure sul ritardo rispetto allarrivo di Huntelaar in mischia, o infine sulla modesta maturità tattica dimostrata dalla difesa rossonera andata sotto puntualmente appena è mancato Nesta o Thiago Silva (5 sconfitte la striscia allarmante). «Ho fatto entrare subito Seedorf perché così giocavamo come sapevamo, abbiamo sfiorato due gol: sarebbe cambiato tutto se avessimo pareggiato» la prima difesa dufficio. La seconda: «Il cambio di Huntelaar ci ha dato tanto (daccordo, ma non era meglio prima?, ndr)». La terza: «Abbiamo subito 2-3 contropiedi in tutto». Per chiudere cè anche la questione psicologica da affrontare: Milan subito in soggezione. «Ho rivisto due volte la partita e non ho colto una valutazione negativa» è la prima risposta. Mitigata dalla seconda riflessione che è unammissione pubblica. «Soggezione fisica e psicologica nei confronti dellInter? In questi casi non è mai un solo aspetto che decide, i motivi in concorso tra loro sono sempre più di uno» la risposta di Leonardo. Come dire: può essere.
Da stasera, il Milan e Leonardo provano a voltare pagina. E lo fanno con questo quarto di finale di coppa Italia, contro lUdinese, una sfida nel gelo e nel deserto di San Siro. Galliani ha concesso ingresso gratuito agli abbonati e applicato prezzi stracciati.
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