Michele Anselmi
da Venezia
Battuta colta al volo all'uscita del Palazzo del cinema: «Hanno dato il Leone d'oro all'unico film che non figura nel catalogo della Mostra». In effetti, Still Life del cinese Jia Zhang-ke è approdato qui in extremis, sotto forma di film-sorpresa. Ma è piaciuto così tanto a Catherine Deneuve da imporsi su tutti gli altri, incluso il nostro Nuovomondo: per 4 voti contro 3. D'altro canto, come sorprendersi che il festival diretto dal sinologo Marco Müller finisca col premiare un film cinese, tanto più se scomodo e irregolare? Pare difficile che Still Life si trasformi in un successo alla Brokeback Mountain, ma per Jia Zhang-ke l'applauso della Sala Grande, al culmine della serata ripresa in diretta da RaiSat (regia di Mimma Nocelli), è stato caloroso e genuino. Quanto quello per Emanuele Crialese, destinatario di un Leone d'argento al «film rivelazione» non previsto fino a ieri dal palmarès ufficiale, ma comunque meritato.
Cerimonia semplice e senza papere, con pochi vip (a parte Marina Ripa di Meana con consorte e Umberto Veronesi) e quasi nessun politico (a parte Lusetti della Margherita). Sul palco di nuovo Isabella Ferrari, in abito scollato color verde petrolio, e il giornalista Massimo Sebastiani, chiamato a smistare ironicamente il traffico. Un po' emozionata, l'attrice si è chiesta in apertura: «Ora che lo schermo è ritornato vuoto, vi chiedo: dove sono finiti tutti questi film?». Ispirata, ancorché un cicinin ottimista, la risposta: «Nelle nostre vite». Poi, in rapida successione, è cominciata la sfilata dei premiati cosiddetti minori, anche se regista e produttore di Khadak, migliore opera prima secondo la giuria del premio Luigi De Laurentiis, si sono portati a casa un assegno di centomila dollari consegnato da Giovanni Veronesi (il film viene dalle Giornate degli autori).
Solo con l'arrivo di «mademoiselle Catherine Deneuve», seguita dai suoi sei giurati, il clima s'è un po' riscaldato. Di nero vestita, con spacco discreto e capelli raccolti, la presidentessa ha voluto ricordare «la bravura» di David Lynch, Leone d'oro alla carriera (non sa che Placido ha preferito farsi una spaghettata invece di sorbirsi Inland Empire). Di lì a poco, il divo cino-americano Jackie Chan s'è prestato volentieri a consegnare il premio Mastroianni a una giovane attrice francese, mentre il messicano Alfonso Cuarón, regista di I figli degli uomini, ha umilmente ritirato l'Osella per il miglior contributo tecnico data al suo direttore della fotografia. In italiano ha ringraziato «il grande Marco Müller», ed è stato il primo di una lunga serie di omaggi al direttore-star. Con umorismo squisitamente british lo sceneggiatore di The Queen, Peter Morgan, destinatario di un'altra Osella, ha invece ringraziato Tony Blair «per aver avuto una squisita intuizione politica: la sua disintegrazione politica ha coinciso con l'uscita del nostro film». Ovazione scontata per Helen Mirren, regale e spiritosa insieme: inciampando nel salire le scale, ha risposto con un inchino al consenso popolare, dicendo di sentirsi «solo una piccola parte del Dna di questo film».
Naturalmente Ben Affleck, miglior attore per Hollywoodland non è riuscito a tornare in tempo da Los Angeles, ma ha spedito un sms nel quale s'è detto «onorato e lusingato», ma anche «sorpreso» (ti credo!) del premio sponsorizzato ricevuto. Non è venuto neanche Alain Resnais, che invece da Parigi avrebbe potuto: ma si sa, il venerabile maestro s'aspettava il Leone d'oro, dunque ha spedito il suo produttore a leggere un messaggio sibillino. Raggiante, invece, il nostro Emanuele Crialese, al quale il Leone d'argento dell'ultimo momento è parso giustamente «bellissimo».
Impeccabile nella solita versione italiano-inglese, il presidente Croff ha augurato alla Mostra «un grande futuro», e a rafforzare il concetto ha pensato Müller: «Da lunedì ci saranno parecchie persone che cominceranno a lavorare su Venezia 64». Veltroni è avvisato.
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