Leone e Rossellini brillano col restauro

Maurizio Cabona

da Venezia

La Mostra di Venezia quest’anno celebra i centenari di Rossellini, Soldati e Visconti, proponendone film restaurati. E pazienza se poi, nell’atrio del casinò una gigantografia spaccia una sconosciuta per «Alida Valli in Eugenia Grandet di Mario Soldati». Le gigantografie mal fatte passano, i restauri ben fatti restano. Quello che la Cineteca nazionale di Roma ha fatto de Il generale della Rovere di Rossellini (1959) è stato presentato ieri alla Mostra ed esce anche su dvd (Minerva Rarovideo/01) sia nella versione in cui il film vinse il Leone d’oro, ex-aequo con La grande guerra di Monicelli (dvd Filmauro), sia nella versione più breve di sei minuti che il pubblico vide nelle sale. Nel cofanetto c’è anche il racconto di Indro Montanelli alla base del film e un saggio sul film, ambientato nella Genova d’inizio 1944, poi nel carcere milanese di San Vittore, ma girato a Cinecittà: i criteri neorealisti erano dunque ormai rinnegati da Rossellini ed è anche per questo che il film ha lati interessanti, a cominciare dal personaggio dell’ufficiale tedesco (Hannes Messemer), che sfugge ai clichés dell’epoca: non è sanguinario e ottuso, anzi gareggia in astuzia (e cialtroneria) col personaggio dell’imbroglione italiano (Vittorio De Sica), che proprio lui ha infiltrato fra i detenuti politici, spacciandolo per il generale della Rovere, intanto ucciso. Si ripropone fra i due, dunque, la complicità fra regista e attore... Per ragioni oscure, il finto generale fu poi fucilato come vero resistente. Montanelli, che l’aveva conosciuto quando era detenuto anche lui a San Vittore, ne attribuì la morte a un’identificazione col personaggio di eroe che aveva impersonato.
Altro notevole restauro presentato ieri alla Mostra è quello della Cineteca di Bologna su Per qualche dollaro in più di Sergio Leone; per ora il film sarà visibile da domenica prossima solo su Sky, che del restauro è promotrice. È questo il secondo western di Leone, girato ancora con mezzi esigui e quando la sfiducia nelle doti interpretative di Clint Eastwood l’induceva ad affiancargli Lee Van Cleef. La seriosa Mostra di allora (1965) non prese naturalmente in considerazione Per qualche dollaro in più, mentre la scherzosa Mostra di oggi lo osanna, ma senza citare quel passato. La riproposta del film è accompagnata da un documentario con la ricostruzione del periodo e della figura di Leone, che era - si noti - figlio di un noto regista del muto che si firmava Roberto Roberti («Bob Robertson», cioè Roberto figlio di Roberti, sarà lo pseudonimo di Leone). Roberti, fascista antemarcia poi staccatosi da Mussolini, nei primi anni del regime rifiutò di portare sullo schermo Claudia Particella, l’amante del cardinale, romanzo anticlericale del Mussolini socialista, come avrebbe gradito il Mussolini non ancora «Uomo della Provvidenza».
Il Concordato era invece fatto e il sonoro s’era imposto, quando Mario Bonnard dirigeva un altro film che questa Mostra ha presentato nella versione restaurata dalla Cineteca italiana di Milano: Il feroce Saladino (1937). Che è il secondo film con Alida Valli (allora sedicenne) e il primo da lei girato con Alberto Sordi (allora diciassettenne).

Solo che, se la Valli si vede, perfino discinta stando alle regole d’allora, Sordi appare per un minuto coperto interamente da una pelle di leone e a provare che sia lui ad agitarsi in quel costume lo dicono solo i suoi ricordi...

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