A migliaia sarebbero ancora pronti ad imbarcarsi nel golfo di Hammamet e da quello di Gabes, più a sud, sulla costa orientale della Tunisia, per sbarcare in Italia. Il governo provvisorio ha mandato le truppe a Zarzis, epicentro della fuga, per tamponare l’emorragia. Fra 1000 e 1500 harragas, come vengono chiamati gli emigranti, sarebbero stati arrestati negli ultimi giorni nel sud est della Tunisia, ma oltre 5000 sono arrivati a Lampedusa.
L’assalto alla fortezza Europa era stato previsto, se non pianificato dallo stesso presidente tunisino deposto, Zine El-Abidine Ben Alì. Il 14 gennaio è fuggito in Arabia Saudita incalzato dalla rivolta popolare, ma prima avrebbe dato ordine ai suoi fedelissimi, annidati nel potente ministero dell’Interno: «Dopo di me il caos». La polizia, responsabile della repressione, si è praticamente sciolta come neve al sole abbandonando il controllo dei flussi di clandestini verso l’Italia.
Lo scorso dicembre, con la rivolta che muoveva i primi passi, le forze di sicurezza tunisine avevano messo a segno un colpo atteso da tempo, anche dall’Italia. «L’imperatore dei passaggi» come veniva chiamato il più famoso e anonimo boss del traffico di esseri umani dalla Tunisia era stato beccato a Sfax. Rincorso da 18 mandati di cattura stava organizzando l’ennesimo viaggio della speranza verso Lampedusa. Non è un caso che durante la rivolta sono fuggiti a centinaia dalle carceri. In questi giorni, secondo fonti del Viminale, i tunisini che puntano all'Europa partono da Hammamet, ex esilio di Bettino Craxi, per sbarcare a Pantelleria. Poco più a sud si imbarcano a Mahdia, Chebba e Monastir per raggiungere Linosa e Lampedusa. Circa i due terzi dei tunisini in fuga sarebbero, però, diretti in Francia, l’ex madrepatria coloniale. Nei sobborghi di Parigi vive mezza generazione di tunisini proveniente da Zarzis, dove sarebbero partiti circa 3mila degli sbarcati a Lampedusa. La città portuale è stata «occupata» da 300 soldati, che hanno l'ordine di sigillare il porto. Anche Gabes, il capoluogo del Golfo, a nord di Zarzis, è finita nel mirino delle autorità provvisorie. Ieri si è svolto il funerale di cinque tunisini annegati, che si erano imbarcati a bordo di due piccole imbarcazioni. L'obiettivo era raggiungere quella più grossa per iniziare il viaggio verso l’Italia. Per sfuggire alla sorveglianza i due gusci di noce sono entrati in collisione e colati a picco nelle acque di fronte a Zarzis. Diciassette persone sarebbero ancora disperse.
Nell’ultima settimana la Guardia nazionale avrebbe fermato da 1000 a 1500 aspiranti clandestini, che volevano raggiungere l’Europa. Nell’isola di Djerba sono stati sventati quattro tentativi di solcare il Mediterraneo da parte di 200 migranti. Tutta gente che arriva da cittadine dell’interno rurale e povero come Tataouine, Gafsa, Ben Guerdane, Medenine, Kasserine, Makthar e Mazzouna. Molti viaggiano lungo l’autostrada Tunisi- Sfax, dove vengono raccolti dai proprietari delle piccole barche che devono portarli al largo sui natanti più grossi. Il trasbordo costa 100 euro per cinque persone. Partono da porti defilati come Skhira e Midoun pagando 1500 euro il viaggio fino in Italia. Ogni barca che solca il Mediterraneo trasporta una media di 30-40 persone. «Non è più una vera e propria tratta di esseri umani - spiegano dal Viminale - Il fenomeno è alla luce del sole, con i giovani tunisini che comprano il biglietto per l'Italia».
Qualcuno ha idee più originali, come il ragazzo di 21 anni scoperto la scorsa settimana a Zurigo.
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