A diciotto anni da Sensation , ovvero la mostra che consacrò nel 1997 una generazione di cattivi ragazzi e ragazze dell'arte britannica, è interessante chiedersi quale sia l'eredità culturale ed economica dell'ultimo gruppo compatto esploso in Europa prima della fine delle identità nazionali e dell'imporsi della globalizzazione.
Attivi da un quarto di secolo, gli esponenti di punta della yBa (young British art, giovane arte britannica), nei pressi del loro cinquantesimo compleanno, sembrano godere di ottima salute. Qualsiasi operazione venga in mente a Damien Hirst finisce al centro di un dibattito, magari con eccessivo trasporto; Sarah Lucas rappresenta il suo Paese alla Biennale di Venezia tuttora in corso; Tracey Emin dialoga con Egon Schiele a Vienna; e Martin Creed è reduce da un'importante retrospettiva alla Heyward Gallery di Londra, senza contare l'investimento delle gallerie internazionali che ne propongono i lavori più significativi nelle fiere.
Resta da capire cosa sia rimasto dell'originario spirito di provocazione che ha contraddistinto gli esordi e l'affermazione di questo (non) movimento: se è ancora tempo di squali, babysitter assassine, corpi mozzati, sculture di cadaveri e immagini blasfeme. O se sia subentrato, con la maturità, un atteggiamento più pacato e riflessivo, segno che insieme ai tempi sono cambiati gli obiettivi.
Tra gli artisti inglesi seguiti con maggior curiosità c'è certamente Marc Quinn, familiare anche al pubblico italiano che ne apprezzò la grande personale alla Fondazione Cini in occasione della Biennale di Venezia del 2013. Nel 1991 lo scultore e pittore, nato nel 1964 a Londra, provocò un certo scandalo con Self , il calco della propria testa riempito di quanto sangue ne possa contenere un corpo umano. Nel 2005 espose a Trafalgar Square la statua in marmo di Alison Lapper, una donna portatrice di handicap incinta. Nonostante lo spiccato atteggiamento oltraggioso, Quinn non ha mai nascosto la propria attitudine verso il classico come confermato dai grandi dipinti floreali e dalle stesse sculture marmoree.
The Toxic Sublime segna il ritorno di Marc Quinn alla White Cube, la galleria londinese fondata da Jay Jopling che ha lanciato tutti i protagonisti della yBa. La mostra, aperta fino al 13 settembre, presenta due gruppi di lavori realizzati negli ultimi anni che indagano sui fenomeni naturali e sulle relazioni tra l'uomo e l'ambiente. Le opere da parete si possono a stento definire quadri. Piuttosto sono ibridi che affrontano uno dei grandi generi dell'arte inglese, ovvero la marina. Sono essenzialmente paesaggi in distorsione che superano la bidimensionalità del quadro partendo da un'indagine fotografica su cui l'artista interviene con la vernice spray a modificare l'aspetto del lavoro. Fondamentale in Quinn è il senso del reperto, dell'oggetto trovato per caso su una spiaggia, dove la natura ha inciso i propri segni. È un modo molto contemporaneo di affrontare il tema del paesaggio, ma il riferimento sotteso è quello nei confronti della pittura di William Turner, mescolata al clima metropolitano di Londra, dove nel frattempo Quinn ha trasferito i quadri per completarne la manipolazione.
Ecco spuntare dunque questi paesaggi degradati su lastre di alluminio che introducono l'altro ciclo, una nuova serie di sculture in acciaio, alcune di oltre sette metri, dal titolo The Frozen Waves . Quinn torna alla sua dimensione più consona, ovvero il gigantismo con cui ha spesso affrontato la rappresentazione. Questi enormi frammenti di conchiglie erose dall'azione delle onde marine evocano una forma in continua evoluzione nel tempo, seppur fissata in un istante. Sono oggetti primordiali, ambigui, fortemente sessuati. Da una parte abbiamo la tipica eleganza minimale, dall'altra il richiamo all'organico, che sono poi le due caratteristiche principali della poetica di questo autore ormai diventato il simbolo di una e vera propria rivoluzione visiva cominciata negli anni '90.
Broken Sublime (The Hunger) e The Invention of Tools sono, infine, altre due sculture in acciaio modellate su conchiglie reali:
monumentalizzare una cosa di nessuna importanza è un carattere che Quinn divide con altri artisti del nostro tempo, a cominciare da Jeff Koons, ma nel suo caso spicca la contraddizione, se non il contrasto, tra uomo e natura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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