Le pressioni che arrivano dal mercato asiatico dimostrano una cosa: il sistema riso va riformato e un po' di regole vanno cambiate, non si può più aspettare. A confermarlo non sono solo i piccoli risicoltori ma anche i grandi marchi italiani, Riso Gallo in primis. Ne abbiamo parlato con il direttore generale dell'azienda lomellina, Riccardo Preve.
Direttore Preve, come far fronte alla concorrenza asiatica?
«L'Europa deve cambiare politica, ed è giusto mettere dei limiti alle importazioni senza dazio dall'Asia all'Europa perché la differenza di costi con quei Paesi è francamente insostenibile. Ma occorre anche altro: la produzione agricola deve comunque diventare più efficiente e deve esserci anche meno speculazione sul mercato italiano del risone».
In che senso meno speculazione?
«Bisogna pensare a un sistema diverso per contrattare i prezzi e che agevoli gli investimenti a lungo termine. Mi spiego: oggi chi vende aspetta di farlo nel momento in cui la quotazione è al massimo. E chi compra aspetta di comprare al minimo. Magari poi avviene il contrario».
Il prezzo del riso è molto ballerino. Come pensa di rendere meno altalenanti le oscillazioni?
«Assieme a un numero consistente di agricoltori abbiamo firmato un accordo che stabilizza il prezzo del riso per tre anni e così abbiamo limitato il problema. L'alta volatilità dei prezzi crea problemi non solo sul mercato interno, ma anche sul mercato delle esportazioni. I mercati di sbocco abituali hanno difficoltà a subire questa volatilità, quindi finisce che si rivolgono ad altri».
Quindi un po' più di stabilità farà bene anche alle esportazioni?
«Sì. L'Italia deve essere stabilmente competitiva. La volatilità eccessiva è molto dannosa. Sulla competitività bisogna invece lavorare anche spingendo le tante innovazioni tecnologiche che ci sono oggi in campo agricolo».
È in arrivo anche una nuova legge per mettere ordine nel settore.
«L'ultima legge risale al 1958 e ovviamente è da rivedere. Quella in corso di realizzazione dovrebbe essere quasi in dirittura d'arrivo. Ci stiamo lavorando da una decina d'anni e finalmente nel settore siamo tutti d'accordo. La nuova legge servirà a semplificare certe procedure e a tutelare le varietà storiche italiane».
E poi c'è la questione dell'etichetta, che dovrà indicare il luogo di provenienza e lavorazione del riso.
«In Italia non credo serva, visto che consumiamo solo riso italiano. La nuova etichetta rischia di non risolvere problemi ma di creare un nuovo obbligo».
Ma in sede europea può essere utile?
«In alternativa all'etichettatura obbligatoria, io trovo migliore incentivare
l'utilizzo del logo riso italiano dell'Ente nazionale risi: marchio collettivo, ma allo stesso tempo controllato e certificato. Quindi credo che l'etichettatura volontaria certificata sia meglio. Ed è applicabile da subito».MaS
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