L'ascesa della Cina e i fardelli della superpotenza asiatica

Le politiche di riforma e apertura della Cina sono state la chiave della spettacolare crescita del Paese? L'ultimo libro di Frank Dikotter, La Cina dopo Mao. Nascita di una superpotenza prova a rispondere a questa domanda

L'ascesa della Cina e i fardelli della superpotenza asiatica

Quando, nel 1978, la Cina si avviò lungo la strada delle riforme economiche, decidendo di aprire il proprio mercato al resto del mondo, era un Paese per lo più agricolo. L'80% della popolazione viveva nelle aree rurali, mentre il restante 20%, appena 177 milioni di persone, nelle città. 40 anni più tardi questi ultimi sono diventati il 56%, e cioè quasi 770 milioni di persone, in continua e costante crescita. Nel 2022 siamo arrivati addirittura a quota 921 milioni contro 491 cittadini rimasti nelle regioni non urbane. Ma come ha fatto la Repubblica Popolare Cinese a rendersi protagonista di una crescita del genere? E ancora: le richiamate politiche di "riforma e apertura" sono state la chiave della spettacolare crescita della nazione o, al contrario, rappresentano soltanto una cortina fumogena che ha consentito al governo cinese di rafforzare il suo controllo sulla nazione? Prova a rispondere a queste domande La Cina dopo Mao. Nascita di una superpotenza, (Marsilio) l'ultimo libro di Frank Dikotter, già professore di Storia moderna della Cina presso la School of Oriental and African Studies della University of London e, dal 2006, professore di Discipline umanistiche all’Università di Hong Kong.

L'altra faccia dell'ascesa cinese

Dikotter, grande esperto della Cina, offre un resoconto dettagliato del corso irregolare, e talvolta confusionario, delle strategie economiche e sociali di Pechino. L'autore avanza le proprie ipotesi e sottolinea numerosi passaggi della recente storia cinese: dalla crescita frenetica al ridimensionamento, dalle riforme dei primi anni ottanta alla repressione, fino alle tante contraddizioni di un Paese in cui, oggi, a detta dell'accademico, "l’economia si basa tutta sulla speculazione", con grandi rischi per il precario equilibrio internazionale.

La Cina ha abbandonato i retaggi maoisti per diventare un potente rivale globale degli Stati Uniti, probabilmente la superpotenza dominante del XXI secolo. Eppure, dietro agli scintillanti grattacieli di Shanghai e Pechino, suggerisce Dikotter, il sistema politico-economico cinese ha attraversato – e lo sta facendo tuttora – travagli non trascurabili: il calo della crescita, l'aumento del debito, la crisi immobiliare, un'allocazione errata del capitale. E poi il nodo più recente, incarnato dalla Zero Covid Policy, abbandonata soltanto alla fine del 2022 dopo tre anni di rigide misure sanitarie che hanno inevitabilmente rallentato il motore del Dragone.

Ricostruire un mosaico simile potrebbe sembrare un'impresa impossibile. Il volume riesce invece nella missione, con l'autore si concentra sugli anni successivi alla morte di Mao Zedong attingendo a una serie di fonti primarie. Tra queste troviamo circa 600 documenti provenienti dagli archivi provinciali e comunali cinesi, nonché i diari segreti dell'ex segretario di Mao, Li Rui, che in seguito sarebbe diventato vice direttore del Dipartimento dell'organizzazione del Partito Comunista Cinese.

Da Deng Xiaoping a Xi Jinping

La produzione cieca, indipendentemente dalla domanda, fu tollerata in nome della crescita dal successore di Mao, Deng Xiaoping. Alla fine degli anni '70 la Cina salutò così la collettivizzazione in nome di un'impresa privata sempre più tollerata. Il commercio e gli investimenti esteri furono altresì incoraggiati. Alle autorità locali fu spesso permesso di andare per la propria strada, creando baronie in varie province che avrebbero presto portato ad inefficienze. La speculazione, inanto, iniziò ad avanzare a ritmi preoccupanti, con il risultato, come ha osservato un accademico cinese citato nel volume, che oggi oltre la Muraglia "tutto è sovraindebitato".

Dikotter ha concluso il suo resoconto nel 2012, lo stesso anno in cui Xi Jinping è diventato leader del Partito. Il professore ha tuttavia aggiunto un epilogo sul periodo successivo, evocando un paragone interessante. La Cina è affiancata all'immagine di "una petroliera che da lontano sembra in perfetto ordine con il capitano e i luogotenenti in piedi, orgogliosi, sul ponte" mentre "sottocoperta i marinai pompano disperatamente acqua e tappano buchi per mantenere a galla la nave".

E non è un caso che l'autore ribadisca come il sistema politico cinese sia caratterizzato da "aspre pugnalate alle spalle e lotte per il potere tra fazioni in continuo cambiamento", oltre che da una leadership la maggior parte dei cui membri "non capisco nemmeno l'economia di base". Opinioni sferzanti e spesso opinabili, quelle di Dikotter, che hanno però il merito di accendere i riflettori sulle origini dell'ascesa del Dragone.

Il futuro del Dragone

Per quanto riguarda il compito che Xi deve affrontare nel presente e nell'immediato futuro, le facili opzioni fin qui utilizzate, ossia il poter contare su un'enorme forza lavoro a basso costo, sull'accesso alla tecnologia e agli investimenti stranieri e su un clima internazionale favorevole, si sono contratte o si stanno rivelando controproducenti. La guerra in Ucraina e la partnership con la Russia hanno contribuito a complicare lo scenario.

La grande sfida della leadership cinese, ha scritto l'autore, è "come affrontare questioni strutturali di sua stessa creazione senza rinunciare al monopolio del potere e al controllo dei mezzi di produzione". Può sembrare "molto simile a un vicolo cieco", ma sembra plasmare la politica cinese per gli anni a venire, con conseguenze importanti anche per il resto del pianeta.

Indipendentemente da come la si possa pensare sull'ascesa cinese, il volume di Dikotter mostra un fatto curioso: le attuali difficoltà che sta affrontando Pechino – il peso del debito, gli squilibri economici e la dipendenza dagli investimenti immobiliari - derivano,

almeno in parte, dalle prime riforme lanciate da Deng. E questo perché "dal 1976 sono stati introdotti cambiamenti in un'economia rigidamente collettivizzata per costruire il socialismo, non per abbandonarlo".

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