L'ex berlusconiana di ferro che aiuta gli amici di Renzi per incollarsi alla poltrona

Il ministro della Salute definiva "geniale" il Cavaliere ma lo ha mollato senza tanti complimenti. E si ingrazia il premier con le donazioni

Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin

Ma con l'Italicum cosa succederebbe in caso di ballottaggio tra centrodestra e centrosinistra alle elezioni? «La sfida sarebbe tra Renzi e Salvini, e in quel caso non c'è dubbio». Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, cerca sempre di coprire le carte, ma vi sono pochi dubbi sul fatto che ella appartenga alla fazione del Nuovo centrodestra (o di quel che ne resta) che volentieri approderebbe nel «partito della nazione» renziano per continuare l'esperienza governativa. Tuttavia, la presa di posizione è abbastanza netta. «Io quindi sarei per una alleanza alle amministrative che sia conforme a quella dell'attuale governo», dichiarò qualche settimana fa. Fosse per lei si sarebbe già lasciata alle spalle Alfano, come fece con l'ala lealista di Forza Italia, per imbarcarsi nell'avventura con Matteo. Ma poiché è tutt'altro che sprovveduta continua a navigare in quel magmatico settore della maggioranza che sta cercando di organizzarsi per diventare la costola centrista del renzismo (Ncd, verdiniani e residui di Scelta civica assieme all'immarcescibile Tabacci). Comunque finisca per lei sarà un successo.

Eppure ancora in tanti ricordano la Beatrice Lorenzin infaticabile attivista di Forza Italia, prima nella segreteria di Paolo Bonaiuti e poi coordinatrice nel Lazio e responsabile dei giovani azzurri. Ogni weekend un gazebo diverso e lei c'era sempre. Una berlusconiana di ferro che non mancava mai di tessere le lodi del Cavaliere. «Grande uomo di Stato. Energia incredibile. Geniale. Ha intuizioni che precedono i tempi. Sempre primo in tutto. Abile», ebbe a dichiarare. I finiani? «Sono dei traditori», chiosò ai tempi della scissione di Fli. Nel 2012, in pieno montismo, considerava «Forza Italia un'esperienza conclusa». Poi il Cavaliere ri-discese in campo e lei abbandonò le riunioni carbonare per assegnare al bocconiano il ruolo di leader del centrodestra. C'era un seggio da difendere. E un posto da ministro da conquistare nel nuovo governo di Enrico Letta, del cui think tank VeDrò era componente. Una «voltagabbana» qualunque? L'unica certezza è che due anni fa fu tra gli esponenti più intransigenti nel convincere Angelino Alfano alla scissione da Berlusconi, mettendo a tacere coloro che volevano rimanere nel partito fondando una corrente. Il fatto che oggi guardi al Pd è una naturale conseguenza di queste convinzioni. I pettegolezzi da Transatlantico, però, rilevano come ella sia molto cambiata da quando si è legata sentimentalmente ad Alessandro Picardi, direttore relazioni istituzionali della Rai con un passato in Wind e in Alitalia. Oggi il renzismo si vede anche nei numeri. Nella dichiarazione dei redditi (ferma da tre anni ai 98.471 euro lordi annui che corrispondono allo stipendio da parlamentare) l'otto per mille va sempre alla Chiesa Cattolica (è contraria alle adozioni gay), mentre il cinque per mille ha cambiato destinazione. Nel 2013 andava alla Arep, onlus creata dalla famiglia Benetton, mentre quest'anno Lorenzin lo ha devoluto a Dynamo Camp, iniziativa filantropica dell'imprenditore Vincenzo Manes, guru renziano del terzo settore.

La «metamorfosi» di Lorenzin si spiega anche con l'incarico che ricopre da due anni e mezzo. Da quando si è insediata al ministero della Sanità, il suo attivismo politico è scemato. È sempre presa dalle questioni tecniche (che le richiedono un certo sforzo vista la maturità classica) e molto poco concede – e si concede – al resto. Per questo non è amatissima dall'Ncd romano, ma i suoi mentori locali Fabrizio Cicchitto e Gianni Sammarco l'han sempre difesa a spada tratta. Solo due donne hanno infranto la barriera tra lei e il volgo: Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria (associazione delle imprese farmaceutiche), e Daniela Melchiorri, dirigente dell'Agenzia italiana del farmaco. Le due manager sono consorti rispettivamente di Maurizio Sacconi e di Paolo Bonaiuti, entrambi Ncd come Lorenzin. In realtà, un altro amico ci sarebbe: si tratta di Giovanni Gorga, presidente di Omeoimprese (la Confindustria della medicina omeopatica), del quale ha prefato l'ultima fatica editoriale Elogio della omeopatia . «Nel nostro Paese non esiste alcuna preclusione né ideologica né normativa nei confronti dell'omeopatia», ha scritto suscitando polemiche sia perché si tratta di imprese vigilate dal ministero sia perché i pareri scientifici sono discordi. Beatrice anche questa volta farà spallucce. Lei è riuscita a farsi benvolere negli ambienti che contano e anche a Palazzo Chigi, il resto non conta. Ha sfruttato a proprio vantaggio la polemica sulle vaccinazioni obbligatorie diventando la paladina della prevenzione. La tenacia le è valsa anche un premio nel ddl Stabilità: la competenza sulle politiche antidroga torna da Palazzo Chigi al ministero. C'è da meravigliarsi, avendo a che fare con un accentratore come Renzi. Chissà cosa avrà fatto presa su Matteo: le laudationes sulle riforme o il fascino discreto istro-toscano che le è valso l'appellativo di «Meg Ryan»? Un inciampo invece può considerarsi l'incidente capitato al fratello Lorenzo, intercettato con Natan Altomare, uno dei 24 arrestati dalla mobile di Latina, nel corso dell'operazione «Don't touch» contro il clan Di Silvio, gruppo legato ai Casamonica.

Il grande pubblico, però, apprezza meno Lorenzin da quando ha avallato la spending review sugli esami prescrivibili dai medici di base. «D'ora in poi i cittadini potranno accedere ai servizi sanitari riducendo le liste d'attesa», s'è difesa giustificando un risparmio necessario (il costo delle prestazioni inappropriate è di 13 miliardi e il decreto taglia circa 200 milioni). Non tutte le risonanze magnetiche sono però prescritte a casaccio e, soprattutto, i cittadini pagano le tasse per ottenere servizi sanitari.

Altrimenti, sarebbe meglio azzerare quei 110 miliardi del Fondo sanitario nazionale e istituire un sistema di assicurazione obbligatoria che consenta al paziente di accedere agli esami e alle analisi opportuni. Ma questo la nuova Lorenzin non può dirlo: è un po' troppo di destra.

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