Non sappiamo quale santo abbia fatto il miracolo di portare lorchestra di Santa Cecilia, guidata da Pappano, alla Sapienza. Ad essa, nel 2003, quando la Sapienza festeggiò 700 anni di esistenza , venne preferita la Filarmonica della Scala, guidata da Muti. Sè dovuto attendere fino ad oggi, quando sembra esserci un clima di maggiore collaborazione fra le istituzioni musicali cittadine. Oggi, dunque, si rimedia a quella svista ospitando quella che è oggi considerata a ragione la migliore orchestra sinfonica italiana, per una matinée abbastanza inusuale, fidandosi delle doti di divulgatore di Antonio Pappano, il quale terrà una lezione di musica, nellaula magna; e, poi, a seguire, dirigerà il concerto, il cui programma, rispetto a quello annunciato un tempo, è completamente mutato. A inizio di stagione, quando venne annunciato il concerto, si pensò di offrire a studenti e professori della Sapienza un programma dedicato a Mendelssohn, per la ricorrenza delle celebrazioni bicentenarie di questanno (Sinfonia italiana) e a Rossini (sinfonia da La scala di seta). Un programma più «facile». Poi, con un cambio repentino e anche radicale, Pappano ha puntato su Gyorgy Ligeti (Concert Romanesque) e Bela Bartok (Concerto per orchestra), dando credito allapertura e curiosità intellettuale del colto pubblico delluniversità, ma anche contando sul fatto che in anni e anni di stagioni concertistiche, la Iuc, che ospita e organizza il concerto, sè creato un pubblico che non si fa intimorire, rifiutandolo, da un repertorio che non conosce. Probabilmente, sul cambio di programma hanno influito anche ragioni pratiche: due giorni dopo il concerto romano.
Alle 12 Pappano terrà la sua lezione di musica. Come usa sempre fare allAuditorium, quando il programma non è tradizionale, prenderà il microfono e spiegherà agli studenti i due brani per orchestra che appartengono a due autori legati dalla comune nazionalità, lUngheria, da rapporti di discendenza artistica (Ligeti ha studiato bene lopera di Bartok) e, in fondo, ambedue animati dalle medesime intenzioni di rinnovamento stilistico e di linguaggio, cogliendo ispirazione anche dalle più profonde e genuine radici della musica popolare, di cui Bartok fu attento e lungimirante pioniere; e alla quale fa esplicito riferimento Gyorgy Ligeti nel titolo del suo Concerto.
A proposito del quale, per farsi unidea del clima di repressione culturale dellUngheria degli anni Cinquanta, serve ricordare che quel Concerto, scritto nel 1951, venne eseguito una sola volta e immediatamente vietato per via di certi passaggi del movimento finale, ritenuti troppo moderni. Ricomincerà a circolare solo dagli anni Settanta.
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