nostro inviato a Parma
Quando il Professor Collina entra nellaula magna dell'Università di Parma è come se all'improvviso partisse un cartone con Duffy Duck: intorno a lui si materializzano le doppiette spianate dei cacciatori in versione telecamere e il capo degli arbitri si trova improvvisamente circondato, così come gli capita d'altronde già da domenica. Lui, che è arrivato come relatore per la presentazione di un Master internazionale sull'organizzazione sportiva che Parma cura con l'Università di San Marino per preparare manager del futuro, fa come l'anatra della tv: si sottrae abilmente e si unisce alle altre due star della giornata - Antonio Matarrese e Gian Paolo Montali -, cercando inutilmente un po di quiete. Fino a quando comincia a parlare di gioco di squadra, ovvero il tema della giornata. Rivelazioni? Nessuna: se i fischietti potessero parlare si eviterebbe qualche processo del lunedì di troppo. Ma parlare non si può. Neppure di Inter-Juve. Però a un certo punto si apre uno squarcio, ed ecco la squadra del Professor Collina.
PREPARATORE. «Designatore è una parola strana. Preferisco definirmi un preparatore: ho una vera squadra di 38 arbitri e 87 assistenti, è come una piccola azienda con persone diverse da far lavorare per un unico obiettivo. Il mio compito è di allenarli e sceglierli per la domenica. E soprattutto di motivarli, cosa meno facile con chi poi sta ai margini della domenica. L'importante è essere onesti con tutti».
IL CAPO. «L'allenatore di qualsiasi squadra è contento se è in difficoltà nel momento della scelta. Ecco, ai miei arbitri io dico: mettetemi in difficoltà. È normale che ci sia qualcuno che non condivide le scelte, è necessario dare la giusta spiegazione di quello che si fa. In modo che la tua decisione venga accettata anche da chi non la condivide».
LA DISCESA. «C'è sempre da imparare, anche per noi. E non si deve mai pensare di essere arrivati, perché la salita è lunga e difficile, ma il declino diventa una valanga».
LO PSICOLOGO. «Recuperare un arbitro che ha sbagliato non è facile. Perché lui vorrebbe scendere in campo già la partita dopo per dimostrare quello di cui è capace, ma non ha la serenità per farlo. Ci vuole tempo e pazienza, come con Rizzoli la scorsa stagione. Ha avuto un momento no, nonostante fosse uno dei migliori l'ho trattato come tutti gli altri. È una questione di rispetto».
Ecco allora la parola magica: rispetto. Collina lo chiede per i suoi arbitri («Ho letto cose condivisibili e cose non condivisibili», dice guardando negli occhi e accentando la seconda parte del discorso) e soprattutto per sé.
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