Ma certo, in fondo se il mensile fighetto Q lo ha incoronato «miglior frontman di tutti i tempi» mica dipende solo dal cappellino da nostromo, così bello tutto blu con le striscette rosse, che Liam Gallagher indossa stamattina sopra una frangia di capelli stile saracinesca. E neppure dalla voce: secca e liscia, appena rauca. Dipende dall’attitudine: che è rock, ma proprio rock e basta, anche se «migliore», cari signori, è un po’ esagerato. Ha fondato gli Oasis e, tanto che vendevano settanta milioni di dischi a bordo del britpop, ha sfondato suo fratello Noel dopo aver litigato per quindici anni di seguito insultandosi a vicenda la mamma. Fine della band. Poi, per vendicarsi, gli ha fregato pure quasi tutti i musicisti e ora, grazie a un disco di rock grezzo come lui, porterà i suoi Beady Eye il 9 giugno all’Heineken Jammin Festival di Mestre, tutto bello, tutto perfetto non fosse che canterà appena prima dei Coldplay, non proprio i suoi pupilli: «Infatti non ho neanche ascoltato il loro nuovo album».
E dire, caro Liam, che hanno anche un suono diverso dal solito.
«Perché, hanno un suono?».
Capito. Il vostro invece com’è?
«Quello che si ascolta nel nostro primo album, Different gear, still speeding. Ruvido. Nel prossimo saremo più omogenei e meno inquinati dagli Oasis».
Vuol dire che lei e Noel non tornerete più a suonare insieme?
«Ma siamo matti?».
Due fratelli.
«Dal banalissimo litigio che ha sfasciato la band, nel 2009, non ci siamo più parlati. Ma, a dire il vero, ci parlavamo pochissimo anche prima, giusto il minimo indispensabile. Comunque il silenzio tra noi non sarà eterno, prima o poi torneremo a scambiarci due parole. Purtroppo».
L’alcol complicava le cose, vero?
«Un po’».
L’altra sera ha festeggiato allo Shed di Busto Arsizio.
«Ma non bevo da tre mesi. Niente».
Niente?
«Non ho tempo. Poi però, appena avrò meno lavoro...».
Occhio. Lei è di Manchester, tifoso storico del Manchester City e molti accostano le sue intemperanze a quelle di Mario Balotelli.
«Infatti mi piace molto».
E ti pareva.
«Le sue pazzie sono colpa dell’educazione e della sua famiglia. Se si calma, diventerà uno dei più grandi calciatori in circolazione. Vediamo».
Liam, il suo disco inizia con un brano che si intitola Four letter word. Si riferisce a Noel? O sottintende «Fuck»?
«Mah, il significato è diverso, in qualsiasi parte del mondo vada, ciascuno gli dà la propria traduzione».
Invece sul brano Beatles and Stones non ci dovrebbero essere dubbi sul significato. Sembra quasi un gioco, un piccolo omaggio alle due band.
«Io non gioco quando scrivo musica».
Vabbé, si fa per dire. Però il giro di chitarra ricorda molto gli Who.
«Allora diciamo che è un omaggio agli Who».
Beady Eye però sembra un nome preso da un fumetto.
«Ma no, stavamo cercando un nome che risaltasse bene sui giornali e questo era maledettamente perfetto. In poche parole, vuol dire “stai in campana”, “stai in guardia”. Più o meno quello che dobbiamo fare noi che siamo all’inizio di una nuova avventura».
Va bene tutto. Ma tanto il pubblico continuerà a chiederle i classici degli Oasis.
«Invece no. Finora abbiamo suonato tredici concerti e la gente era troppo curiosa di ascoltare i nuovi brani per richiedere quelli vecchi».
Però ha pubblicato solo un disco e le canzoni sono troppo poche per riempire un intero concerto.
«Faremo anche una cover, Sons of the stage, di una grande band di Manchester, i World of twist».
A proposito di band: gli Strokes?
«Orribile la copertina del nuovo cd».
I Vaccines?
«Molto meglio. Belle melodie e grande emozione».
Alla fine, caro Liam, l’hanno
«Beh certo. Però i Kinks, scusi, dove li mette?».
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