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«Via libera alla rivoluzione Brunetta Pìu meritocrazia, meno assenteisti»

RomaDice che tutti la conoscono come «Rivoluzione Brunetta», ma è la prima volta che qualcuno - almeno in sede ufficiale - la chiama così. Il fatto è che la definizione calza a pennello e si vede che piace molto anche al diretto interessato, il ministro della Pubblica amministrazione che l’ha scritta e difesa con i denti.
Chiamandola così il premier Silvio Berlusconi ha riconosciuto la carica «eversiva» - secondo una definizione dello stesso Renato Brunetta - della riforma della pubblica amministrazione approvata ieri dal Consiglio dei ministri. E ha confermato la fiducia al ministro antifannulloni che nei giorni scorsi aveva minacciato le dimissioni nel caso il provvedimento non fosse arrivato al traguardo. Anzi, quella di Brunetta di rimettere il mandato, viene liquidata come un mossa tattica. Un trucco in fondo apprezzato, perché le finalità erano buone. «Ha messo in atto una tattica da birichino che lo ha portato a un ottimo risultato. Ma c’è stima, amicizia e affetto da parte dei ministri con lui e tra tutti. Sono molto soddisfatto dei miei ministri e del lavoro che stiamo facendo, sono convinto che nei prossimi quattro anni faremo un lavoro di squadra eccezionale».
Del lavoro del governo è parte integrante la riforma Brunetta. E il premier Silvio Berlusconi ricorda che in gioco non c’è solo il funzionamento degli uffici pubblici. È «una spinta verso la modernizzazione che trascinerà dietro di sé non solo i rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini, ma anche l’ammodernamento del sistema delle famiglie e delle imprese, perché potranno da casa o dall’ufficio collegarsi con internet per lo svolgimento di pratiche che oggi richiedono la presenza fisica». Non solo, «viene introdotta la meritocrazia - rivendica il premier - così gli impiegati pubblici saranno motivati perché si vedono riconosciuti compensi economici che normalmente si danno a chi lavora nel privato».
Nessun intento punitivo nei confronti dei dipendenti pubblici. Il fine del governo è «far sì che 3,5 milioni di persone che lavorano nella pubblica amministrazione non abbiano un morale diverso da chi lavora nel privato, e anzi traggano da questi strumenti di valutazione del loro lavoro, di sentirsi valorizzati ed essere più motivati nel rapporto con i cittadini».
Del provvedimento non farà parte la class action, cioè le cause collettive nei confronti della pubblica amministrazione che andranno in un provvedimento ad hoc. Prima il governo richiederà «un parere al Consiglio di Stato e all’Avvocatura sugli effetti che può avere la nuova disciplina sul processo amministrativo e sulla difesa erariale». L’iter non ne risentirà. Il decreto legislativo che attua la riforma antifannulloni lunedì sarà alle Camere e nel giro di due mesi diventerà operativo.
Tempi rispettati anche per il piano casa, che doveva essere l’altro piatto forte del Consiglio dei ministri, ma è rimasto in cucina in attesa del via libera delle regioni. Il Consiglio dei ministri non ne ha parlato. «Non abbiamo messo in discussione il decreto legge per le politiche della casa - spiega Berlusconi - perché avevamo assunto l’impegno con le Regioni a trovare con loro l’accordo sul testo. Non è stato possibile trovare l’accordo su una singola cosa, ma le Regioni stanno procedendo all’approvazione delle loro leggi». Quindi la macchina va avanti e questo rinvio «non dà nessun rallentamento a tempi necessari: entro luglio tutte le leggi regionali dovrebbero essere approvate, e chi vuole ampliare del 20 per cento la propria abitazione mono o bifamiliare e chi vuol costruire un nuovo edificio al posto di uno vecchio con un più 35 per cento di cubatura potrà farlo dai primi agosto». E nel merito, sulle cose importanti le regioni non hanno obiezioni di sostanza. Da loro giovedì «è venuta una conferma assolutamente positiva».
Il Consiglio ha anche dato il via a un provvedimento del ministro Giorgia Meloni sulle comunità giovanili. Il premier apprezza e trae lo spunto per fare una nuova battuta sulla sua partecipazione alla festa di compleanno di Napoli e alle polemiche sollevate dalla moglie Veronica. Ai centri «possono iscriversi anche le veline... Possibilmente minorenni.... Così sarò obbligato ad andarci, per coerenza... ».
Accenno anche ad altre polemiche mediatiche. Quella relativa al viaggio in Egitto e a una sua visita in una discoteca italiana. Questa volta la risposta sono tre pagine scritte che riassumono accordi, colloqui, contratti. Tutti risultati della recente attività di politica estera del premier. «Spiace quando succede che ci si impegni per sostenere le aziende e le imprese italiane e poi sui giornali le cronache sono lontane dal vero e non tengono conto dei risultati ottenuti». E la discoteca egiziana? «Ho visitato il villaggio con un imprenditore italiano». Diventerà il più grande al mondo e il governo intende aiutare chi opera così.

«Il premier imprenditore lavora sempre in questa direzione», ha concluso Berlusconi.

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