Emilio Orlando
Tenute in gabbia per giorni e giorni, dopo essere state ferite con un coltello e sulle ferite gli veniva messo il sale. È quanto denunciato da due prostitute romene di appena sedici anni, liberate dalla polizia municipale dellVIII gruppo, e tenute prigioniere in un capannone industriale, in via Case Rosse 48, dove allinterno era stata costruita una gabbia di ferro alta due metri, in cui venivano chiuse le ragazzine che non volevano prostituirsi. Al momento dellirruzione, allinterno della struttura, vi erano una decina di materassi e di reti, abiti succinti e scarpe con i tacchi a spillo fatte indossare alle ragazzine e messe a disposizione delle baby prostitute, dallorganizzazione criminale che le faceva prostituire sui marciapiedi di Via Palmiro Togliatti e di via Prenestina. Il blitz è stato portato a termine dai vigili urbani diretti da Antonio Di Maggio dopo che alcuni abitanti vicino al capannone, avevano confidato ai vigili che di notte si udivano urla atroci provenire dallinterno.
Infatti, dentro il capannone, vi era una vera e propria gabbia per le torture, con tanto di catene e di lucchetto. «Ci costringevano a conseganre tutto quello che guadagnavamo - raccontano nella denuncia resa alla polizia municipale le due baby-squillo - chi non obbediva veniva ferita con il coltello sulla schiena e poi gli veniva messo il sale sulla ferita».
Una delle due ragazze aveva sulla schiena una ferita darma da taglio lunga dieci centimetri praticata da uno sfruttatore dopo essersi rifiutata di andare in strada perché faceva troppo freddo. «Venivamo condotte in Italia con la promessa di un lavoro onesto - continua a raccontare una delle due minorenni - ma poi una volta giunte a Milano dalla Romania, venivamo vendute a degli albanesi e romeni che subito ci dicevano che avremmo dovuto prostituirci. Ci avviavano alla prostituzione - continua la ragazzina - iniziandoci a violentare a turno per una settimana recluse in alberghi o dentro alcune case affittate da romeni con regolare permesso di soggiorno».
La polizia municipale è ormai convinta che vi sia ununica organizzazione criminale che recluta le ragazzine in Romania e in Albania, facendosele affidare da famiglie povere e disagiate, corrispondendo ai genitori pochissimi soldi, facendole poi girare sui marciapiedi delle maggiori città italiane».
Le ragazzine venivano frustate e prese a calci, su tutto il corpo tranne che sul viso altrimenti non avrebbero potuto andare in strada con il volto tumefatto. I loro aguzzini non sono stati ancora rintracciati.
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