nostro inviato a Piacenza
È stato per fortuna catturato dai carabinieri dopo oltre due anni di latitanza uno stupratore romeno che, arrestato dalla polizia, era stato rimesso in libertà dal gip insieme a due complici. Motivo: lordinanza di custodia cautelare non era stata scritta nella loro lingua e i tre potevano non aver compreso la gravità delle accuse. Il pm ricorse al Tribunale del riesame che gli diede ragione, consentendogli di firmare un nuovo mandato. Ma nel frattempo era passato quasi un anno e i tre erano ormai uccel di bosco.
Daniel Zarafu, nato 22 anni fa in Romania, nel 2003 viveva nel campo sosta di via Capo Rizzuto. Insieme ad altri nomadi avrebbe fatto parte del branco che nel novembre 2003 aggredì due coppie ferme con lauto, in cerca di intimità, poco distante dal campo sosta. L8 novembre toccò a due giovani romeni, «sfrattati» dal campo sosta e costretti a vivere in auto, il 18 a due italiani sui quarantanni. In entrambe le occasioni i balordi misero dei grossi pietroni sulla strada per impedire ai guidatori di fuggire. Poi lassalto, i maschi massacrati di botte, le donne violentate a turno da quasi tutti i componenti del gruppo, infine la rapina e la fuga.
Il 23 novembre la squadra mobile di Milano, riuscì ad arrestare tutti i presunti autori delle violenze: una dozzina di giovanissimi Rom. Ma a giugno 2004 i legali di cinque imputati presentano ricorso al gip, perché lordine di custodia cautelare in carcere non era stato scritto solo in italiano. Il giudice respinse i primi due ricorsi, sostenendo che entrambi gli indagati avevano posto in atto unefficace attività difensiva. Meno invece gli altri tre, lasciando supporre dunque che la barriera linguistica avesse creato loro dei problemi. Inoltre sarebbero stato tra i meno «cattivi» del branco: uno aveva messo il preservativo per violentare le donne, un altro ne aveva coperta una che batteva i denti dal freddo. Zarafu poi avrebbe «solo» tirato fuori le vittime dallauto per poi affidarle agli stupratori. Insomma fuori tutti. Il pm ricorse al Tribunale del riesame che il 1° ottobre accolse le sue osservazioni, ma il nuovo ordine di cattura venne successivamente emesso solo il 7 aprile 2005.
Va da sé che dei tre non cera ormai più traccia. Fino a due giorni fa quando i carabinieri della compagnia di Piacenza guidati dal capitano Andrea Zapparoli hanno appunto bloccato il ventiduenne. Il ragazzo si muoveva tra Pavia, a Pieve Porto Marone vive uno zio che lo ospitava, e Piacenza, un po a Castel San Giovanni un po nel capoluogo. Segnalato in zona da fonti confidenziali, notato dal solito maresciallo a cui non sfuggono mai le facce nuove, era stato individuato un mesetto fa e da quel momento seguito giorno e notte nella speranza incontrasse gli altri due compari. Alla fine gli investigatori hanno capito che non li avrebbe portati da nessuna parte e laltro giorno il capitano Zapparoli è andato a prenderlo. All'inizio ha finto di non saper leggere e scrivere né tantomeno di capire la nostra lingua.
Adesso i militari vogliono capire cosa facesse in zona, quasi sicuramente campava di ricettazione, e che ruolo abbia avuto lo zio, nel caso di unipotetica accusa di favoreggiamento. Il giovane verrà al più presto rispedito a Milano, dove lo aspetta una condanna a 12 anni, inflittagli dal tribunale durante la latitanza.
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