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La libertà radicale del "Codice Tondelli". Così ribelle da sfuggire a se stesso

Giulio Milani racconta lo scrittore e le sue opere, oltre i cliché in cui è stato rinchiuso

La libertà radicale del "Codice Tondelli". Così ribelle da sfuggire a se stesso

Ho da sempre avuto la sensazione leggendo i libri di Pier Vittorio Tondelli (1955 - 1991) di un Pasolini debole degli anni 80, un contestatore all'editoria dei soliti noti per poi essere costretto a farne parte. Inghiottito da un sistema culturale ed editoriale che si è sperticato in elogi sulla sua genialità per neutralizzarlo nell'unico modo che conosce: lo ha inglobato, neutralizzandolo.

Lo ha reso un santino pop, uno da leggere per forza per capire quegli anni 80, ritraendolo come un catechista punk che suona un assolo di chitarra elettrica per poi pentirsi cristianamente facendosi del male. Un'icona maledetta in odore di acqua santa, da vendere un tanto al chilo nei tascabili sino al colpo finale e ferale: far emergere più la sua vita di autore di culto da citare nei salotti radical flop, quelli degli intellettuali autoproclamati. Quelli che hanno dismesso l'impegno che richiedeva Pasolini per il disimpegno da tinello in "camere separate" (che è anche il titolo di un suo romanzo).

Mi sbagliavo. In parte.

Almeno nella validità dei suoi romanzi che ritenevo istantanee Polaroid destinate a sbiadire nel tempo. Leggendo Codice Tondelli di Giulio Milani - in uscita il 15 settembre per Transeuropa (pagg. 340, euro 25) e che abbiamo letto in anteprima - ho ripreso in mano i romanzi di Tondelli.

Ed è questa la vera autentica forza di questa biografia capace di farci capire che "la pagina è pelle, la parola desiderio", come recita il sottotitolo, esergo in copertina a completare una fotografia inedita dello scrittore biondo platino.

Un ritratto, scrive Milani, "che tanti editori hanno cercato invano. Sino ad oggi".

Potrebbe sembrare un particolare da poco, da icona pop, appunto, ma a libro chiuso ci si rende conto che sintetizza, come ogni copertina dovrebbe fare, l'opera scritta da Giulio Milani.

Una biografia, perché indubbiamente lo è, ma anche un'opera letteraria perché non è la solita agiografia ma sono pagine di poesia rara, di una scrittura che nasce non dalle ceneri di Tondelli ma dalle sue braci: i suoi romanzi, che ardono anche letti oggi e sono di una attualità che in molti non hanno compreso e non ne hanno fatto comprendere la portata, a me è capitato, perché il suo essere trasformato in brand permeava il preconcetto di scritti che sembravano tutto tranne che corsari.

Il pregio di Codice Tondelli è far ricredere i suoi critici e come ci ha confidato Giulio Milani "cambiare idea è il più raffinato degli atti critici. Questo libro nasce anche per riaprire i dossier, rileggere con occhi nuovi ciò che ci sfuggiva".

Una sfida che Codice Tondelli, nel settantesimo anno della nascita dello scrittore, anticipa quella che, c'è da scommetterci, diventerà nel prossimo autunno-inverno una nuova scusa per celebrarlo, rinchiuderlo in conferenze accademiche, in interventi saggistici letti solo da chi quei saggi li scrive.

Depotenziare.

Ancora una volta.

Per questo Giulio Milani, quasi un situazionista senza passato remoto, non solo anticipa tutti ma ci rende un'opera che è anche coraggio della scrittura, dell'osare, del cercare di focalizzare Tondelli in una categoria che non è possibile etichettare.

Giulio Milani, direttore editoriale di Transeuropa, la casa editrice dove Tondelli approdò per far pubblicare la sua antologia di nuovi scrittori "under 25", raccoglie lettere, foto e testimonianze inedite che, però, Milani non virgoletta, cita o enfatizza ma inserisce nel corso di una narrazione come da tempo non ne leggevamo.

Giulio Milani è il primo studioso di Tondelli che non ci consegna disamine astruse, interventi critici che fanno risaltare il critico più che Tondelli.

I cenni biografici sono molti, ma i veri inediti sono queste pagine di Milani. In Codice Tondelli c'è la destrutturazione dello scrittore alfiere di qualsivoglia movimento, soprattutto quel postmoderno che da decenni tutti impiegano quando non sanno come incasellare chi è, come Tondelli, al centro di tutto eppure ai margini di tutto.

Perché Tondelli non è, come molti ancora credono, il cantore dei narcisi del nulla degli anni 80, ma il primo ad intuire, lontano da sociologia o semiotica, che saranno anni che ci avrebbero lasciato anche "scarti umani", ragazzi e uomini perdenti o decimati dal proprio ego smisurato, da troppa sicurezza o da troppa responsabilità nel sentirsi alfieri di chi rinnega se stesso come vittima dei valori di una società che, dopo il pericolo sociale degli anni di piombo, aveva la possibilità di eliminare ogni dissenso semplicemente spacciando come piacere edonistico la distruzione di massa. Superficialità, aids, eroina, qualunquismo: ogni arma purché nessuno si sentisse libero. Come Tondelli. Libero di non essere ristretto in una categoria definita, in tempi in cui le etichette divennero un valore. Libero di essere frainteso. Come ho fatto io.

Leggete Codice Tondelli. Leggete le opere di Pier Vittorio Tondelli. E se anche è stato il vostro eroe letterario rileggetelo perché alla fine, se è stato accerchiato da se stesso, proprio sino in fondo non l'avete capito.

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