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Dalla libreria alla televisione, ecco i libri a misura di spot

I «bookstrailer» sono in voga soprattutto nel mondo anglosassone e viaggiano anche su cellulari e iPod

Trailer per i libri? Farà storcere il naso a molti, ma potrebbe diventare uno strumento comune se anche in Italia dovesse prender piede la nuova forma di promozione video per la letteratura. Editori e autori iniziano a produrre trailer realizzati proprio come quelli dei film, cercando di portare il pubblico a leggere un libro esattamente come si attira lo spettatore al cinema.
Il mezzo preferenziale è il web, utilizzato come una televisione dal pubblico, da un lato allargato a nuovi lettori non abituati a sfogliare le pagine culturali dei giornali, dall’altro identificato con precisione come target da raggiungere per ogni titolo. Ma poiché si tratta di brevi filmati, sono ben utilizzabili dalla tv, dal cinema, da tutti gli spazi in cui si può mostrare uno spot, e soprattutto veicolabili su telefonini e iPod video. È da vedere se una sequenza di immagini montate a gran velocità, con una colonna sonora accattivante, poche frasi a effetto e una voce dal timbro profondo siano parte di una vivace strategia di mercato - a costi molto bassi - o uno fra i tentativi disperati di un’industria in crisi, sopraffatta da una cultura migrata sull’immagine.
Soprattutto nel mondo anglosassone i book trailers sono in voga da più di dieci anni. L’agenzia Bookshorts e la sua fondatrice Judith Keenan ne sono stati i pionieri, con il primo booktrailer datato 1984: poco più di un monologo dell’autore canadese Douglas Cooper, al debutto con il romanzo Amnesia. «Sono convinta - dice Keenan - che in uno scenario sempre più affollato e sempre più saturo di media, diamo un ottimo servizio ai nostri potenziali lettori facendoli divertire e portandoli nel mondo dell’autore». In Italia siamo ai primi tentativi. E anche negli altri Paesi la produzione fino a oggi si è limitata ad alcuni romanzi per i lettori più giovani, oppure per storie fantasy o horror per le quali l’atmosfera è essenziale, o sostenuta da cultori di multimedialità come Douglas Coupland o Gautam Malkani.
Ma come si può rendere in un filmato di pochi minuti un libro di centinaia di pagine senza impoverirlo o snaturarlo? La risposta di chi ha iniziato a produrre i videoclip infarciti di grafica computerizzata, contaminazioni artistiche, musiche originali, è che sono immaginati come «assaggi audiovisivi»: punterebbero a restituire le atmosfere e le ambientazioni del romanzo, a incuriosire. Ma usare una forma narrativa complessa per promuoverne un’altra più semplice è il modo migliore per presentare il prodotto? Inoltre, quando ai trailer non lavorano gli autori stessi, non si vede quanta concordanza gli spot potranno trovare con le loro opere. E poi la lettura di un libro è un’esperienza davvero interattiva e creativa, mentre questi video portano lo spettatore a subire il linguaggio televisivo, e non hanno nulla di interattivo, perché usano il web come un canale tv, soltanto meno dispendioso.
Insomma, forse qualche lettore in più si potrà guadagnare, ma è più facile che nell’universo dei video da scambiare, come YouTube insegna, ci si appassioni a un trailer perché è bello e divertente e si abbia voglia di fare il tradizionale passaparola, ma poi a nessuno del popolo di Internet venga in mente di andare a comprare il libro.

Intanto Ian McEwan lascia aperta la porta: «Non ho mai visto il trailer di un libro, ma non mi sorprende che se ne facciano. Se qualcuno dovesse realizzare un lavoro accurato e arguto per uno dei miei romanzi, non avrei obiezioni».

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