Massimo Piccaluga
Freddo, pioggia e inquinamento non li infastidiscono ma vanno in bestia se un cliente si mette a stropicciare una delle loro adorate creature. I bouquiniste di Milano, per usare un termine parigino che indica i venditori di libri usati delle bancarelle, fino a un paio di decenni fa erano sessanta. Oggi il loro numero si è ridotto a poco più di venti, con chioschi ubicati nelle zone più centrali della città. La colpa non è tanto dell’indifferenza dei milanesi quanto - dicono loro - delle case editrici, che spesso pubblicano opere deboli che vengono triturate e dimenticate nel giro di poche settimane. Per fortuna i bibliofili veri ci sono ancora e mai rinuncerebbero a curiosare tra scaffali variopinti e disordinati alla ricerca di titoli altrimenti introvabili.
Così se la bancarella di piazza Fontana ha il suo punto forte nei Meridiani Mondadori con sconti fino al 40 per cento sul prezzo di copertina, la bancarella del signor Ferdinando in piazza della Resistenza partigiana propone videocassette e dvd a 10-15 euro con un occhio di riguardo ai cartoons targati Walt Disney. In piazza Mercanti Giuseppe Monno, da venticinque anni titolare dei botteghini a ridosso del porticato, ha fatto di filatelia e numismatica i suoi cavalli di battaglia: sconti su riviste specializzate (tra queste Cronaca Filatelica e Il Collezionista Bolaffi) raccoglitori, classificatori e quant’altro. Lo anima un grande entusiasmo per quello che fa. Però se gli chiedi come è cambiata Milano in questi anni, scuote la testa: «Mi sono preso anche un pugno in faccia da un peruviano - svela - che sgridai perché aveva scambiato il mio chiosco per un wc».
Lì accanto, nel Passaggio Scuole Palatine, da quindici anni c’è pure la postazione di Giovanni Sgarban. I suoi fiori all’occhiello sono prime edizioni firmate Levi, Rebora, Landolfi, Rossi, Flaiano e altri. «Quello delle prime edizioni - svela Sgarban - è un collezionismo ancora poco conosciuto in Italia ma ha già i suoi estimatori: per le prime tirature del Pasticciaccio brutto di Carlo Emilio Gadda (1957) c’è gente pronta a spendere anche 600 euro». Ma niente paura: i libri rari di Sgarban non superano il prezzo di 30 euro anche se la gente non si ferma più a curiosare tra gli scaffali come una volta. «Perché tra i milanesi di oggi - dice Sgarban - c’è una specie di smarrimento collettivo che mi preoccupa».
Attraversando via Mercanti all’altezza del passaggio Santa Margherita c’è un’altra bancarella. È il chioschetto di Peppino Manusè, siciliano, su piazza da una quarantina d’anni. Tra i suoi scaffali, in mezzo a tanti libri rari, spicca una vecchissima copia dell’ormai introvabile poema eroicomico Il Malmantile riacquistato scritto nel Seicento dal poeta e pittore fiorentino Lorenzo Lippi che si firmava Perlone Zipoli. «Cosa vuole - svela Manusè a chi gli chiede come sta cambiando Milano - trascorro gran parte della giornata a discutere con certi furbetti che vorrebbero comprare i miei libri a 10 per rivenderli a 30 nei mercatini antiquari».
Due passi lungo via Dante e si arriva in largo Cairoli dove stazionano quattro bancarelle. Quella di Virginia Pizzi propone grandi libri a prezzi molto interessanti: i 21 volumi del Grande Dizionario della lingua italiana targati Utet qui ad esempio costano 1.800 euro. In vetrina ammiccano anche voluminose enciclopedie Garzanti e Treccani a metà prezzo. La bancarella più vecchia di Milano invece è in piazza Cavour, accanto al Palazzo dell’informazione. Titolare è Paolo Mera che l’ha ereditata dal padre, Felice. Sta lì dal 1936 e propone una fornita vetrinetta di prime edizioni e un’ampia scelta di titoli fuori commercio consultabile grazie a un meticoloso indice redatto per autori e per argomenti. Mera si arrabbia se gli stropicciano i libri. E pare che i cultori di questo genere, a Milano, siano in crescita. «Avevamo anche una associazione nazionale - racconta tra l’altro Mera - di cui era presidente mio padre, Felice. È solo grazie a questo organismo se dal 1965 i librai delle bancarelle hanno la pensione Inps». La passeggiata per bancarelle di libri termina in piazza Cantore dove però la anziana titolare ama poco le chiacchiere. Così siamo solo riusciti a «smicciare» un Missale romanum in pelle del 1828, qualche romanzetto popolare in edizioni che vanno dal 1920 al 1930 circa e un cartello che offre una grande raccolta di figurine Liebig.
Il tratto più comune tra questi venditori di sogni? La pochissima importanza attribuita ai soldi.
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