Allora candidamente, senza pensarci troppo su, lei ricorda: «Mi sono avvicinata e gli ho detto: “È un onore conoscerla, signore”. E lui: “Ma che signore, chiamami Tony”». Tony è Anthony Hopkins e lei è la giovanissima attrice italiana che tutti cercano, Marta Gastini, un viso di bellezza rinascimentale che la grazia della recitazione accompagna benissimo. Si sono incontrati mesi fa a Roma per leggere il copione de Il rito con Colin O’Donoghue e Toby Jones, il film che Variety, mica un giornale qualunque, ha definito «intelligente» e che dopodomani arriva qui da noi con il suo bagaglio di esorcismi e crocefissi. «Un attore di generosità fuori dal comune: nonostante la carriera favolosa, anche nelle scene nelle quali non era inquadrato dava sempre il meglio di sé, un esempio per tutti quelli che come me sono all’inizio». Però diciamolo, anche Marta Gastini, che nemmeno si può godere la prima italiana del film perché è su di un set a Praga, è a modo suo un esempio: ha ventun anni appena, arriva da Alessandria che è la periferia del mondo cinematografico, e non ha perso tempo in lamentele o proteste, che sono spesso l’alibi di chi non ha voglia di realizzare i propri sogni. Si è rimboccata le maniche, invece, e si è impegnata come si deve. Mattina al liceo (il classico Plana, lo stesso di Umberto Eco). «Al pomeriggio, dopo i compiti, andavo a danza, poi di notte studiavo inglese e canto. Ho frequentato il quarto anno a Canterbury per perfezionare la lingua e quell’estate mi sono iscritta alla New York Film Academy di Parigi: e lì è scoppiata la scintilla con il cinema».
Ha fatto girare qualche curriculum online («una roba brevissima, con due foto che mi aveva scattato un’amica») e, guarda un po’, sono subito arrivate le prime offerte: «Ai provini mi accompagnava papà: la mia famiglia è stata ed è tuttora fondamentale per me». Il primo ruolo: la fiction Il bene e il male di Raiuno, gennaio 2009. Poi subito un’altra, L’uomo che cavalcava nel buio con Terence Hill, «una persona molto spirituale». E il debutto al cinema in Io & Marilyn, nel quale è la figlia di Leonardo Pieraccioni. «Loro cercavano una quattordicenne, allora io mi sono tagliata la frangia, ho indossato una tshirt con su il musetto di Topolino e mi sono fatta accompagnare dalla mamma, così tutti hanno pensato che fossi minorenne: via, un piccolo inganno». Cosa non si farebbe. E sono questi lievi stratagemmi, queste ingenue e appassionate furberie a far spesso da grimaldello ai debutti, quando c’è il talento a sorreggerle. «Certo, ci sono tanti luoghi comuni sul mestiere di attrice, ma credo realmente nella meritocrazia. Non ho fatto una lunga accademia, penso solo, e me lo hanno confermato anche Terence Hill o Gianmarco Tognazzi e la mia buona amica Maria Grazia Cucinotta, di avere un talento. Ma non so ancora quali confini abbia», dice in una pausa sul set della fiction Borgia, nella quale recita il ruolo di Giulia Farnese. «Non so ancora quando sarà trasmessa in Italia, stanno vendendo adesso i diritti». Quando parla, ha il candore inesperto della debuttante. Se recita, ha un’eleganza innata e persino fascinosa che si potrebbe piegare a qualsiasi ruolo. Intanto, il film Il rito è prodotto dalla New Line Cinema, che vuol dire Warner Bros, cioè Hollywood, e perciò Marta Gastini da Alessandria, che ha iniziato a recitare in tv solo al pomeriggio perché al mattino era all’ultimo anno di liceo, è una delle nostre pochissime attrici, sicuramente la più giovane, ad avere un ideale passaporto americano, roba che dovrebbe inorgoglire tutti, specialmente chi si inginocchia a tamburo battente di fronte a qualsiasi debuttante purché sia straniera. «Non avrei mai pensato di fare così tanto in così poco tempo», si lascia sfuggire quasi sussurrando, con quella pudica piemontesità che minimizza qualsiasi trionfo. Anzi, già che ci siamo, finiti tra qualche settimana i Borgia a Praga, dove recita in inglese, la Gastini potrebbe subito iniziare - dita incrociate perché non è ancora sicuro - un altro film con parterre di attori niente male e produzione, ça va sans dire, angloamericana.
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