Liechtenstein, 390 indagati per 37 procure

Milano è al primo posto: 100 nomi sul registro dei pm. Ma per i reati contestati c'è un alto rischio di prescrizione

Milano - Da ieri è ufficiale: Milano è al primo posto nell’evasione fiscale. La Procura di Roma smista in tutta Italia l’elenco dei conti segreti scoperti in Liechtenstein e intestati a nostri concittadini, e si scopre che effettivamente a farla da padroni sono i milanesi. Delle 390 persone fisiche italiane titolari di un conto a Vaduz, più di cento risiedono all’ombra della Madonnina, e di loro si occuperà dunque la Procura milanese.

L’elenco era stato inizialmente preso in consegna dalla Procura di Roma e dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza capitolina, che aveva condotto i primi accertamenti e identificato la quasi totalità dei correntisti (all’appello mancano ancora una ventina di nomi). A quel punto, una volta individuata la città di residenza di ogni titolare di conto, la documentazione è stata inviata alla Procura competente per territorio. In tutto, 37 Procure: alle spalle di Milano, quelle con il maggior numero di indagati sono Roma (60 conti), Bolzano (40) e Firenze (20). Nulla a sud del Lazio, tranne due conti intestati a napoletani: dovrebbero essere Stefania Tucci, ex moglie di Gianni De Michelis, e l’ex deputato Udc Vito Bonsignore, che erano stati individuati già con mezzi propri dalla Procura napoletana nell’ambito dell’inchiesta sulle fiction Rai. Nemmeno un conto per Calabria e Sicilia: ma il sospetto che per il Liechtenstein passassero anche capitali provenienti dal crimine organizzato rimane, tanto che un filone autonomo di indagine è stato assegnato allo Scico, il reparto speciale della Guardia di finanza che si occupa degli affari dei clan.

Perché le diverse Procure entrino in azione servirà ancora qualche giorno. A Milano il malloppo proveniente da Roma non è ancora materialmente arrivato: approderà tra oggi e domani sul tavolo dei procuratori aggiunti Edmondo Bruti Liberati e Francesco Greco, e a quel punto per il centinaio di correntisti scatterà quasi automaticamente l’iscrizione nel registro degli indagati. Che si possa arrivare a una condanna è però tutto da verificare. I reati ipotizzati a carico dei nomi dell’elenco sono per ora quelli di omessa o infedele dichiarazione dei redditi, che si prescrivono in sette anni e mezzo. E poiché i dati arrivati da Vaduz si riferiscono al 2002 e in parte al 2003, la corsa contro il tempo appare improba. Stessa sorte rischiano i procedimenti fiscali, che anch’essi si prescrivono in fretta. Gli unici procedimenti a non essere tagliati dalla prescrizione sarebbero quelli per riciclaggio, se effettivamente dovessero emergere ipotesi di questo genere.

In realtà, secondo notizie riportate nei giorni scorsi dalla stampa estera, l’elenco dei 390 correntisti potrebbe essere solo un primo assaggio del totale degli italiani coinvolti. L’elenco in mano all’Agenzia delle entrate proverrebbe infatti dal fisco britannico, che a sua volta lo ha ricevuto dai colleghi tedeschi. Ma il dvd originale sottratto da Heinrich Kieber, impiegato della banca Lgt di Vaduz e venduto per 4,3 milioni di euro ai servizi segreti tedeschi, in realtà conterrebbe molti altri nomi, anche di cittadini italiani. E soprattutto offrirebbe rivelazioni assai più recenti, fino agli anni 2005 e 2006. Se anche questi dati approdassero in Italia, le nuove inchieste sarebbero molto meno esposte al rischio-prescrizione.

Per ora, bisogna accontentarsi dei 390 nomi già approdati in Italia. Accanto alle persone fisiche, vi sono due società, o fondazioni di diritto estero collegate a società italiane: ma anche in questo caso pare che non si tratti di nomi eclatanti. La caccia ai «vip» contenuti nell’elenco ha dato finora risultati piuttosto deludenti, e pare che anche dalla lettura integrale del documento non si caverebbe molto di più.

Un paio di deputati di secondo piano, dive stagionate come Milva, imprenditori da tempo usciti dai riflettori come CS: accanto a loro un piccolo esercito di sconosciuti più o meno danarosi, accomunati dal desiderio di tenere lontano dagli occhi del fisco il loro tesoretto personale.

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