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"Liedholm scelse lui. E io finii a vendere bare"

Stefano Ferrari al «Friuli» si scaldò insieme al futuro campione. Poi restò in panchina. Oggi fa il commerciante

"Liedholm scelse lui. E io finii a vendere bare"

Milano - "Ferro, scaldati!". A Udine Battistini si è appena fatto male e la voce svedese del Barone è perentoria. Dalla panchina del Milan si alza un ventenne modenese. Stretching, qualche allungo. Ma Nils Liedholm cambia idea e in campo ci va il 16enne Paolo Maldini. Così, 23 anni fa, il capitano rossonero comincia la sua carriera. Così, 23 anni fa, quel ventenne modenese si siede di nuovo in panchina. Scovato da Marco Nosotti di Sky Sport, Stefano Ferrari è l’altra faccia dell’epopea di Paolo Maldini.

Che ricordo ha di quel momento?
"Io e Paolo eravamo in panchina. Liedholm mi fece scaldare per primo, ma poi scelse Maldini. E fece bene".

Nemmeno un po’ di rabbia?
"Solo un pizzico di delusione. In fondo quella poteva essere la mia grande occasione. Ma non ho rimpianti. Se fossi stato un grande calciatore avrei comunque sfondato".

Mai pensato: “Quello gioca perché è figlio di Cesarone”?
"Non scherziamo. Già si vedeva che sarebbe diventato un fuoriclasse. Maldini entrò al mio posto perché era più forte e basta".

E Ferrari com’era?
"Scarso (ride). Ero un terzino di fascia tutto corsa e fisico, piedi così così. Fuori dal campo ero un bravo ragazzo di provincia. Ma nella Milano da bere diciamo che non facevo esattamente vita da atleta".

Come fu quell’anno al Milan?
"Facevo il pendolare tra Milano e Napoli, dove mi allenavo con la Nazionale militare, insieme a gente come Donadoni e Serena. Ricordo Liedholm: schivo, bravo e molto fortunato".

Merito delle sue superstizioni...
"Sì, l’ho sperimentato di persona. Tornando da Roma, per sbaglio infilai il suo giaccone. In tasca ci trovai amuleti, cornetti, bamboline".

La partita di cui va più fiero?
"Non giocai a Udine, ma contro l’Udinese venni schierato in amichevole nella mia Modena. Marcai Zico. Lui un campione, io uno scarpone. Ma non sfigurai".

E dopo il Milan?
"Il Barone mi disse: “Iocherai l’anno prossimo”. E infatti giocai. Ma al Livorno, in C. Però mi stancai presto e smisi a soli 26 anni".

Nessun rammarico, quindi?
"No, il pallone è stata una bella parentesi ma sono felice così. Ho tre figli: uno gioca a pallavolo, l’ultimo è nato due settimane fa. La vita vera è fuori dal campo. Quando ho appeso le scarpe al chiodo ho perfino venduto casse da morto. Ora vendo piastrelle: mi ha convinto l’ex presidente della Reggiana Giovanni Vandelli".

Non sente più gli ex compagni?
"Sento l’allenatore del Brescello Allegri, il ds del Parma Zamagna e Massimo Gadda, l’unico ex rossonero".

Eppure Maldini ricorda con piacere lei e la sua tendenza a ingrassare...
"Ne sono orgoglioso. È vero, adoro la buona tavola, sono un godereccio. E ora passo il quintale".

Insomma, ha dimenticato il calcio?
"No, lo seguo sempre. Ma non mi vanto del mio passato. Però qualche foto in maglia rossonera in auto non manca mai.

Questione di marketing: sa quante piastrelle si vendono in più?".

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