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La disposofobia: stress da accumulo compulsivo

Nota come “sindrome da soffitta piena". Che cos’è. Quali sono le cause e come contrastarla con una disciplina anglosassone chiamata space claearing

La disposofobia: stress da accumulo compulsivo

La disposofobia chiamata anche accumulo compulsivo (compulsive boarding) o “sindrome da soffitta piena” è la tendenza o mania di accumulare oggetti vecchi e inutili, vestiti che non metteremo mai, souvenirs di viaggio. Una ricerca recente condotta negli Stai Uniti ha dimostrato che l’80% degli oggetti che teniamo negli armadi è completamente inutile e non viene mai utilizzato, mentre negli uffici, in soli 20 anni, le carte sono aumentate del 50% e i file archiviati che non riconsulteremo mai sono ben l’80% in più. Gli psicologi hanno dimostrato che l’impulso a circondarsi di oggetti senza fare una selezione, col tempo genera una perdita di controllo degli spazi vitali e della nostra esistenza.

Le motivazioni che spingono una persona ad accumulare oggetti, vestiti, utensili sono molteplici. C’è chi pensa che quegli oggetti possano servire in futuro e che quindi possono prevenire bisogni ed esigenze vitali. C’è chi vuole ostinatamente conservare i ricordi legati a quegli oggetti conferendo loro una sorta di “anima” e poi c’è chi nutre un attaccamento morboso nei confronti di ciò che possiede tanto che distaccarsene potrebbe provocare sofferenza o dolore. Questo è l’atteggiamento tipico di chi ha una personalità anale”. Sono quei soggetti che hanno ricevuto un’educazione rigida dai propri genitori che li costringevano a fare pesanti rinunce, a subire restrizioni e a sacrificare i propri desideri.

La disposofobia cela personalità insicure, fragili, incapaci di fare delle scelte concrete per la propria esistenza. Nella maggior parte dei casi dietro l’accumulo di oggetti si nasconde una vita inconcludente o superficiale. Più si accumulano oggetti e più si conferisce valore alla propria esistenza perché il vuoto spaventa e ci induce a fare i conti con la parte più profonda di noi stessi e a porci domande importanti che potrebbero salvarci. In Inghilterra per contrastare la disposofobia è stata teorizzata una disciplina chiamata Space Clearing che si ispira alla filosofia cinese del Feng Shui. In Italia la massima teorica di questa nuova disciplina è la dottoressa Lucia Larese.

Lo Space Clearing ha come obiettivo principale quello di insegnare l’essenziale. Solo la semplicità e il vuoto possono fare recuperare l' equilibrio interiore e la vitalità. Grazie allo Space Clearing si intraprende un cammino vitale che parte “da dentro” ed è orientato al “ fuori”. Permette di consolidare un equilibrio tra la dimensione del vuoto e quella del pieno. Secondo le leggi del Feng Shiu che sono alla base dello Space Clearing ogni zona della nostra casa corrisponde ad un’area della nostra vita. Il nostro spazio vitale possiede un cuore, un’anima e un respiro. Individuare le zone di eccesso ci consente di scoprire i punti intasati ossia i punti deboli della nostra esistenza.

Ecco alcuni semplici consigli derivanti dallo Space Clearing per poter contrastare la disposofobia:

1) Eliminare i dubbi: smetterla di auto-sabotare l’intenzione di liberarsi dagli oggetti, bisogna mettere a tacere frasi come ”non si sa mai...”, “è come nuovo...”, “un giorno potrò tornare magro/a…”;

2) Identificare l’obiettivo: iniziare a far ordine per gradi, definire un timer e darsi un ritmo; serve per stabilire un’autodisciplina e un senso di controllo a ciò che si fa perché altrimenti la nostra intenzione di fare ordine si disperde nel nulla;

3) Fare un elenco: indicare innanzitutto le zone a rischio ossia le zone intasate. Ogni volta che le avrai sistemate depennale dalla lista. Ciò ti regalerà un senso di liberazione;

4) Non rimandare le scelte: non procrastinare, non pensare che il “domani” sia migliore dell’ “oggi” per liberarti di ciò che è futile o superfluo; non dimenticarti di agire;

5) Liberarsi dai rimpianti e dai sensi di colpa: vivi il presente senza rimuginare sul passato e senza programmare troppo il futuro; se non vivi la dimensione del “qui e ora” rischi di non goderti ciò che hai ora.

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