La Liguria si sgancia dal Nord e diventa regione appenninica

La Liguria si sgancia dal Nord e diventa regione appenninica

(...) dello Sviluppo Economico Claudio Scajola.
Ma, al di là della coalizione improponibile, ribadisco quello che ho sempre scritto: Burlando è il migliore dei peggiori. Si documenta, studia, è capace di creare rapporti con i mondi più diversi (anche troppi), è un politico puro e non trascura alcun particolare. Ad esempio, a mio parere, al netto delle raffiche di pubblicità istituzionale pagate con i fondi regionali, il fatto di aver girato la Liguria in lungo e in largo da due anni a questa parte, toccando tutti i Comuni almeno un paio di volte, l’ha aiutato molto di più di quanto abbia fatto l’Udc, la cui proposta politica - ridotta a percentuali minime - è stata bocciata dagli elettori. Anche se hanno scelto il cavallo vincente e magri faranno il pieno di assessorati e consigli di amministrazione.
Burlando ha vinto nonostante l’Udc, non ha vinto per l’Udc. E sarebbe miope non riconoscergli i meriti o prendersela con il destino cinico e baro. Burlando ha risposto alle domande del territorio, anche girando il territorio. E occorre dargliene assolutamente atto. Fare battute su Burlando o attaccarsi ancora una volta a discussioni che non interessano nulla a nessuno come il buco dei conti della Sanità, vorrebbe dire perseverare negli errori.
Il vero buco nero (o, meglio, rosso) resta Genova città. Stiamo qui tutti i giorni a lamentarci del governo (o, meglio, dello sgoverno) cittadino di Marta Vincenzi. Eppure, sia alle Europee dello scorso anno, sia oggi alle regionali, Genova città non fa assolutamente registrare quel tracollo di voti a sinistra che viene regolarmente vaticinato. E lo slogan del «voto per mandare a casa la Vincenzi» porta anche un po’ sfiga. Altro che Burlando.
Insomma, anche sul Comune occorre cambiare diametralmente strategia. Perchè se, di fronte al mugugno quotidiano che si sente ogni giorno girando in autobus, in treno e per strada contro la giunta Vincenzi, poi si registra una sostanziale tenuta della stessa Vincenzi, sarebbe sciocco perseverare nella stessa politica. Soprattutto, sarebbe sciocco continuare a corteggiare comitati e comitatini che rumoreggiano molto, ma che poi una volta messi alla prova dell’urna danno risultati residuali. Occorre prenderne atto e cambiare radicalmente linea. Se ci si mette ad imitare la sinistra sposando il «no» a tutto, vincerà sempre la sinistra. Fra l’originale e la (brutta) copia, vince sempre l’originale e cioè in questo caso il comitato legato alla sinistra.
Così come sarebbe sciocco non accorgersi che il risultato della coalizione che sosteneva Biasotti è quasi la copia carbone di quello di cinque anni fa. Con la differenza che cinque anni fa l’Udc era alleata con le forze pro-Biasotti e ora sta con Burlando. Quindi, da questo punto di vista, tutt’altro che una sconfitta. Così come è tutt’altro che una sconfitta netta, come poteva apparire a una prima lettura dei dati, quella del Pdl: perchè sommando il simbolo berlusconiano doc e la lista Biasotti, non più forza estranea, ma addirittura socia fondatrice del Pdl e divisa sulle schede solo per motivi tattici, i voti sono addirittura aumentati e il Pdl nostrano, sia pure diviso in due circolini, si conferma il più forte di tutto il Nord Italia. Così come non c’è stato l’esodo massiccio di elettori in direzione della Lega.
Il vero rischio, ora, è l’appennizzazione della Liguria. Perchè - tolte Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige, che con le loro istanze autonomiste fanno storia a sè - dopo il passaggio al centrodestra del Friuli-Venezia Giulia lo scorso anno, se il dato del Piemonte si consoliderà nella notte, la Liguria si sgancerà definitivamente dalla locomotiva produttiva del Nord.


E, a questo punto, non possiamo nemmeno più lamentarci. Se i liguri hanno votato così, il loro voto va certamente rispettato. Ma altrettanto certamente nessuno può levarci il diritto di dire che abbiamo quello che ci meritiamo.

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