Cronache

«In Liguria troppi dislessici a scuola»

«In Liguria troppi dislessici a scuola»

I dati sono allarmanti: il 77% degli insegnanti italiani non conosce le origini e i sintomi della dislessia, ovvero la difficoltà che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. Bocciature, ritiri da scuola, fatica a stare al passo con i compagni, frustrazioni e problemi psicologici: circa uno studente su cinque in Italia durante il percorso scolastico ha bisogno dell'aiuto di un esperto. I docenti non sanno che la dislessia non è una malattia o un problema mentale e nemmeno che non è legata al quoziente di intelligenza. La maggior parte di essi non sa che è un disturbo neurobiologico e insiste nel dichiarare pigri, svogliati, poco impegnati o semplicemente «molto indietro» gli alunni che ne sono affetti. Il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, nel 2004 ha emesso una prima circolare sulle iniziative relative alla dislessia cui ne sono seguite altre sei, ma le scuole che ne sono a conoscenza e le mettono in pratica si possono contare sulla punta delle dita. In Liguria, la situazione non è meno problematica rispetto a tutto il resto del Paese, e per molti studenti, «troppi» sottolineano i responsabili dell'Aid (Associazione italiana dislessia) di Genova, lo scorso anno l'ingresso alla scuola superiore, anziché essere un traguardo, una meta sognata è diventato un incubo. «Ogni dislessico - sottolineano i responsabili dell'Aid - segue il suo personale processo di maturazione che richiede tappe e tempi obbligati. Se a scuola alcune di queste tappe vengono saltate o caricate di troppi stimoli può succedere che qualche cosa nel meccanismo di maturazione si inceppi e l'alunno non sia più in grado di gestire l'enorme quantità di informazioni che riceve».
Qualcosa però sta iniziando a muoversi. A giugno è stata approvata una legge, in sede deliberante, dalla Commissione Istruzione del Senato a larghissima maggioranza.
«Per la prima volta si riconosce che le difficoltà di apprendimento, come la dislessia, debbono essere accertate nella scuola e debbono essere affrontate dalla scuola - sottolinea la senatrice Albertina Soliani capogruppo in Commissione Istruzione - Questa legge è la chiave di volta, l'inizio di una nuova strada per la scuola italiana».
Come mai si è lasciato che il problema raggiungesse dimensioni così grandi?
«Perché purtroppo siamo davanti ad un muro sociale. La scuola riflette l'ignoranza sociale del nostro Paese. Molti insegnanti non hanno apertura e penso che abbiano problemi organizzativi. Ecco perché a chi soffre di dislessia non è data l'opportunità per un apprendimento adeguato al loro problema. Poi c'è un ritardo nel mondo scientifico e la mancanza della volontà politica da parte del legislatore di voler riconoscere le difficoltà specifiche dell'apprendimento. Quando c'è il riconoscimento pubblico la scuola affronta il problema diversamente».
Quanto sta accadendo è il riflesso di un problema molto più grave.
«Un tempo c'era una società con una cultura diffusa della società. La scuola di oggi e la superficialità di molti insegnanti nei confronti di questo problema non fa altro che rispecchiare la diffusione di un'idea sempre più individualistica della vita, della perdita dei valori. È per questo che molti docenti di fronte ad alunni con un basso rendimento scolastico assumono atteggiamenti di disappunto o di rifiuto determinando l'aumento del loro insuccesso scolastico».
Come dovrebbero comportarsi gli insegnanti?
«Anzitutto informandosi di più evitando giudicare negativamente i risultati. Nonostante i corsi di formazione che vengono fatti ai docenti, rimane il pregiudizio dell'alunno pigro, che non si vuole applicare.

Gli insegnanti devono incoraggiare i ragazzi ad affrontare le loro difficoltà piuttosto che coprirle di valutazioni sbagliate».

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